1940-1949

Milano1940,Varietas101*,Febbraio,PittoriNostri,Paulo Ghiglia,di Sirtori Bolis Maria bell’articolo sulla pittura di Paulo alla mostra alla Salvetti “Ma il Ghiglia, estroso, sognante, musicale colorista ha un’anima nomade assetata sempre di nuove bellezze. Arriva a Milano ed espone alla Galleria Pesaro con grande successo di pubblico e di …

Nella primavera del 1940 Paulo torna a Firenze, trova uno studio in piazza Donatello dove vivrà per un anno circa con la moglie e i due piccoli figli, In questa “tappa” artistica dipinse la città, cosa che fino a quando ci abitava non aveva fatto,salvo rare tele. Dipinse anche grandi e laboriose nature morte. Conosce Francesco Pestellini con il quale strinse un legame di amicizia. Il Pestellini, affascinato dalla sua pittura,lo invitava quasi quotidianamente nella sua villa di Fiesole, chiedendogli di dipingere paesaggi a lui cari,qualche ritratto della sua famiglia, ma soprattutto gli commissionava paesaggi di Fiesole, uliveti e campagne. il Pestellini,gli acquistava, pagandoli parzialmente,i dipinti eseguiti,con la promessa di organizzare insieme una bella mostra,cosa che poi fece. Pestellini,appassionato di falconeria il quel periodo stava scrivendo un bel libro che pubblicò nel 1941,

Falconeria Moderna”100*editore Olimpia, Firenze all’interno tutti disegni tecnici che illustravano i cappi,i nodi e altro vennero disegnati dallo stesso Paulo.”lui mi disegnava tutti gli strumenti di quella nobile arte e cappucci bellissimi sormontati da morbide piume”

L’amicizia si rafforzava e con Pestellinidecisero di fare un’escursione a Castiglione della Pescaia. Sia per nuovi soggetti da dipingere e la conoscenza per Paulo di territori ancora non visitati.

(tratto da “ Porca Maremma”di Francesco Pestellini):

Decidemmo di calare in Maremma,fissammo di trovarci alla stazione e quando arrivò mi apparve stranamente ingrassato e senza valigia, lui spiegò che aveva scoperto un mezzo più sicuro ..mettersi tutto addosso.. Ci installammo nella piccola pensione Miramare. Strada facendo gli avevo parlato anche del Nebbia, del suo strano modo di vivere,la sua capanna nel padule,i suoi cani ,il suo serpente”.

Il Nebbia era stato da giovane un vero brigante e il cacciatore più famoso della Maremma,”tendeva i suoi archibugi carichi di chiodi e ferraglie nelle macchie , e udita la scarica, correva a prendersi la preda ferita, spesso anche cinghiali, finendola col coltello con allucinanti lotte.”

A Paulo quel tipo ,senza neanche conoscerlo già gli piaceva..si era messo in testa di fargli il ritratto.” Gli dissi che quell’uomo non era facilmente trattabile e non sarebbe riuscito a farlo posare .. Lui mi rispose che ce lo avrebbe messo. Incominciai a intravedere un clima di burrasca: i modi sbrigativi e rumorosi di Paulo e la gelosa diffidenza dell’altro. Ad ogni modo sarebbe stato un incontro- scontro affascinante.

Armati di cassetta, pennelli e telaio giungemmo alla famosa capanna. Il nebbia era sull’uscio e Paulo gli urla con la sua vociaccia “mettiti fermo che ti faccio il ritratto” Il Nebbia un po’ sbalestrato dalla novità della cosa,guarda immobile e in silenzio il mio amico Paulo che in un minuto è pronto per dipingere,il Nebbia si muove subito e Paulo gli urla “ mettiti fermo com’eri prima , per tutte le briganterie che hai commesso..prepotente!!” ..ora succede il finimondo,pensai…invece l’uomo del padule squadra bene il pittore e forse si compiace del suo aspetto e pensa che anche lui sia un collega ..mezzo brigante e mezzo pittore..

Pochi minuti in posa che per il Nebbia sembrano un’eternità il soggetto da segni evidenti di insofferenza e stà per mollare il tutto “ brutto brigante ! ti ho detto di non muoverti” e lui “” farei piuttosto quaranta giri del padule allagato che stare ancora a questo modo!”Ma gli piace quel pittore e resiste..Quando il Nebbia si vide ritratto su una tela che era bianca mezz’ora prima..i suoi cani..immortalati anch’essi.. la sua capanna e tutt’intorno l’aria della sua Maremma, rimase a bocca spalancata per parecchi minuti.”

Paulo stesso ,in ritratti allo specchio racconta del ritratto al Nebbia :

a Castiglione della Pescaia conobbi un personaggio chiamato il Nebbia,che viveva nella palude, dentro una capanna di stipa, con due cani,compagni nella caccia per lui unico mezzo di sostentamento.Quando il Nebbia e i suoi cani mangiavano,c’era sempre un ospite: un grosso serpente, che divideva il cibo con loro. Quest’uomo non amava la compagnia degli uomini e non so come feci a creare il suo ritratto; ricordo che borbottava “ preferisco fare il giro della palude con l’acqua fino alla cintola invece di questo supplizio!.

Inizia da quel momento un bel rapporto fra Paulo e la Maremma,ovviamente ritrae la signora Adina del Miramare e altre caratteristiche persone di Castiglione,il Pestellini ..ottiene i paesaggi e le marine. Col Pestellini tornerà verso la fine degli anni 50 quando,lo stesso, sta ultimando una bella monografia su Paulo,edita da Sansoni ,che sarà presentata da Indro Montanelli, per inserire nella stessa anche quadri di Castiglione.

Paulo tornerà anche con la sua famiglia molte volte lì,ci sono dei quadri datati dalla fine degli anni 50 ai primi anni sessanta,io ho un bel quadro di spiaggia affollata di quel periodo e,visto dal mare,il paese, un altro quadro, bellissimo, dovè dipinta una bottega di mesticheria del centro di Castiglione passò in asta anni fa.

Paulo si stanca presto di Firenze e dei paesaggi del Pestellini,ritorna nuovamente a Roma gli mancano i ritratti di belle signore e dei nobili.. i ritratti erano ben pagati!…Il Pestellini lo invita a ritornare a Firenze,stà organizzando la mostra alla Michelangelo (Gonnelli)

Paulo non lo ascolta ,nonostante le numerose lettere che riceve dall’amico e anche da suo padre Oscar “tieni conto di un amico, un amico che ti vuole bene,ha delle idee interessanti per te”.Pestellini riceve finalmente una lettera da Paulo“Non vengo,io sono un ritrattista,non me ne importa nulla della campagna,faccio ritratti e basta!

1940,Milano,Galleria Nova102*,18 maggio-16 Giugno, Maestri dell’800,con dipinti di Paulo

1940, Milano, ritrae ancora Enrico Somarè, (pubblicato in – dieci anni fra quadri e scene del 1961- di E.Piceni)

1941-(1942-?)(11)Pestellini organizzò la mostra senza la presenza di Paulo alla Galleria Michelangelo (o Spinetti)? e vennero venduti 27 quadri nella giornata di inaugurazione.

1941,Milano,galleria Guglielmi103*,vendita Raccolta N.Poggi 20-23 novembre,con dipinti di Paulo

1941,Milano,vendita Raccolta Raggi103bis** Galleria d’arte S.A.G.A ,via del Cappuccio, Milano,catalogo Casa editrice: E.Calamandrei, Milano

1941,FIRENZE,Galleria d’Arte FIRENZE104* Catalogo di Pittura Italiana dell’800 e contemporanea,dipinti di Paulo

Dopo la morte di Petrolini lo si trova spesso presente con il famoso ritratto nelle pubblicazioni sull’attore curate da Mario Corsi per Mondadori ed altre pubblicazioni.

A Roma Paulo ricomincia di nuovo con i ritratti ,nuovi collezionisti lo cercano,nuove famiglie da ritrarre,ritrova l’amico di un tempo Emilio Sasso. Ritratti ancora a nobili,frequenta gli antiquari e galleristi del centro,fra cui Leo Veneziani con la moglie signora Maria Romana ,veri mecenati di giovani artisti di quel tempo. Tanti ritratti a Giuliana e agli amici che inizia a dipingere alla ricerca di espressioni nuove con tonalità in rosa e azzurro cercando di superare con il colore la staticità d’insieme anche con l’inserimento di accessori,non più sontuosi arredi e tendaggi, ma piccoli particolari studiati di volta in volta.

(12)E’ del novembre del 1942 la prima mostra del “nuovo soggiorno romano” alla galleria San Marco di Carmelo Caccetta,dal catalogo107*, presentato da Michele Biancale, sono presenti trentuno dipinti e ventiquattro disegni.

In questa importante mostra quasi tutti i ritratti sono già di proprietà degli effigiati,Paulo ritraeva vendendo subito i lavori,i proprietari gli prestavano le opere,sia per vanità di vedersi in esposizione e anche per accordi presi con lo stesso Paulo che si procurava,facendo vedere i lavori già eseguiti,nuove commissioni per ritratti a venire. Fra i noti in esposizione Alfredo Barsanti,Trilussa con il quadro a olio,che è stato ripresentato alla Carlo Virgilio nel 2004,galleria di Roma, e acquistato per il museo in Trastevere di Roma dagli amici dei Musei Romani,la Marchesa De Rham,moglie di Jacques De Rham,detto il Signorino,per i suoi modi educati e grande collezionista di auto che vennero guidate da piloti importanti dell’epoca,il conte e la contessa Orlando,la Marchesa Rapini,la signora Cattania, De Astis, il signor Burini,la composizione della famiglia Busiri-Vici con Andrea,architetto,che nel 1939 aveva esposto un quadro di Paulo a New York,alla Art Fair del salone italiano,rimarranno legati per tutta la vita a Paulo e alla sua famiglia,la moglie Giuliana,e anche Pepe Caccetta il figlio di Carmelo,architetto e scenografo,titolare della stessa galleria San Marco,quello di sua moglie,le signore Milella e Gasperini.Fra i disegni uno dei primi scimmioni ritratti allo zoo di Roma,la Contessa Ravizza,disegni della famiglia Busiri-Vici,ma anche,forse a dimostrare il periodo di serenità trovato grazie alla sua famiglia: tranquillità, maternità,acquarium, pesci rossi, lettura, le rondini, la Madonna,qualche ritratto della sua famiglia a Fregene disegnato ,forse, in una domenica felice.

Michele Biancale scrive in catalogo:

Ricordiamo di tale artista u’esposizione di molti anni fa, a piazza di Spagna,in cui era accolto un nobile consesso di ritratti di dame e di gentiluomini:Allora per differenziare dall’altro fratello Valentino che dipingeva prevalentemente paesaggi, Paolo, anzi Paulo, era definito ritrattista.Da allora ad oggi questi due figli di Oscar Ghiglia hanno seguito la loro strada. Paolo che ormai dimora,fuori da ogni nostalgia della natia Toscana,a Roma è il ritrattista accreditato di una indifferenziata classe sociale. Abbiamo detto ch’è toscano; ma non intendiamo accollargli una tradizione inconcussa di toscanità pittorica nelle forme e negli spiriti che tutti ormai si conosce. Pure,un toscano trapiantato a Roma porta con se certe abitudini ch’egli intende certo abolire nel clima spirituale più vasto di questa città,ma che lasciano qualche residuo che,sia detto fra noi, entra come un ingrediente di gusto nella sua costituzione artistica. Vedremo in che modo entra nell’arte del Ghiglia.La sua specializzazione ritrattistica,fuori d’ogni finalità pratica,presuppone una disposizione a cogliere un carattere che si riveli nelle postille del volto e a fermarlo con un disegno aderente e sicuro e ad invivarlo col colore. Sono odi codesti,di un canone eterno che forse i modernissimi hanno un po’ logorato per altre astrazioni, ma Ghiglia gli si conserva fedele.

Sono risaputi i tranelli che la pratica ritrattistica tende all’artista, tranelli di somiglianza puntuale e necessaria, di grazia ed eleganza, per i ritratti femminili, di rivelazione imprescindibile di professione o di grado sociale,cose esteriori, quasi, all’arte, ma che assumono un rilievo enorme nei tempi in cui,caduta la grande ritrattistica, essa è ridotta al lumicino dell’indicazione del costume e degli accessori. Ghiglia sa muoversi in cotesto mare infido del ritratto, non diciamo con abilità che è una qualità inferiore,ma con arte.In lui il primo richiamo è dato dal carattere di un modello,che sa cogliere con acutezza non meramente visiva, e poi dagli accessori ai quali non concede di poter stravincere nei dati fisionomistici,conseguendo così un bell’equilibrio in che ci sembra sia il principale merito del Ghiglia.Risulta da tale sua disposizione che il ritratto non è mai generico ma che per virtù disegnativa si rivela dalla serie comune umana e che si avviva di un colorismo puro,acuto,a volte, e tale insomma che rivela la disposizione cromatica toscana di tale artista.

L’indifferenziata sua tendenza a dipingere qualunque modello, di ogni età e classe, gli toglie fortunatamente di essere un ritrattista di moda, anche se le qualità intrinseche alla sua pratica di ritrattista hanno reso il Ghiglia ricercato in questi ultimi anni. E la sua pratica sempre più scaltrita e approfondita lo ha portato a creare dei veri quadri con ritratti di famiglia, come di quella dell’architetto Busiri-Vici, cimento fra i più ardui per la difficoltà di comporre e di adeguare e di differenziare la varie individualità. Che codesti o tentativi o vere e proprie realizzazioni,qui elencate,siano tutti d’uno stesso grado di qualità non diremmo,che talvolta il rapporto tra spazio e figura o figure non sembra adeguatamente calcolato;ma ove il rapporto è esatto l’opera risulta perfetta. E per quanto si attiene all’ambientazione dei ritratti del Ghiglia non esclude la loro collocazione all’aperto con notazioni di paesaggio gustosissime che ci fanno pensare ch’egli potrebbe essere anche paesista, ove si decidesse a tale intermessa attività .Quanto alla sua tecnica diremo ch’è la più libera e la più varia. L’impasto abitualmente denso e che impegna il colorismo per masse scoperte più che per trapassi sottili, in minore,implica un tocco impervio, che ora si contenta di rinacciare sommariamente la forma, ora la segue docile e aderente.

Il modo di cavare i fondi oltre la superficie così mossa e densa ricorda un po’ certi procedimenti manciniani di erosioni di materia, per “ contrasti di tono”.

Ma Ghiglia ama porvi dinanzi, proprio vicino al vostro occhio e al vostro interesse un modello che ha richiamato da prima il suo interesse, e lo fa con una brusca notazione di colore che per essere vigorosa non tocca mai la violenza. Non potremmo accertare per Ghiglia alcune predilezioni per determinate individualità cromatiche,che il suo colorismo non è ridotto ma largo e gioca talvolta d’audacia in certi accostamenti veramente perigliosi. Pure s’avverte che la qualità atomica dei suoi verdi, bianchi e blu è rappresentativa d’una disposizione cromatica del Ghiglia, la cui disposizione nel quadro della pittura attuale è quella d’un artista che sa avvivare un modo tradizionale artistico sino a renderlo attualissimo, e che per essere fuori dell’idealità ormai generalmente praticate non deve considerarsi ne sorpassato ne anacronistico.

La mostra sarà recensita in vari giornali e riviste d’arte fra le quali:“Le Arti 109*(pag II dicembre 1942-genn 1943) ,29.12.1942 ,Roma, galleria San Marco, novembre mostra di P.G.“la Cultura Moderna in Italia” 110*,ROMA 1943,febbraio,La cultura moderna ,rivista quindicinale illustrata

Ritrae i Conti Tampieri di Faenza,come citato nel libro di Alfonso Lazzari.Frequenta ancora il mondo del cinema,con Aldo Fabrizi che è attratto da Paulo anche per la conoscenza avuta con Ettore Petrolini,si incontra anche per parlare del grande attore, gli farà due ritratti,il primo in tempo di guerra come lo stesso Paulo racconta:

A Roma andai a fare dei disegni a Fabrizi,abitava in via Germanico. Lui mi conosceva grazie ai ritratti che avevo fatto a Petrolini,voleva incontrarmi e lo feci.Si parlava molto di Petrolini che lui ammirava,si irritava a volte quando gli dicevo che aveva delle affinità con lui.

Lo dipinsì anche, coperto da un lenzuolo,come fosse un antico romano,lui si credeva tale e in effetti lo sembrava .Era tempo di guerra,quando iniziai a disegnarlo, venivamo spesso interrotti dalle sirene, si correva nel rifugio. Gli feci ancora un ritratto,anni dopo, andai a trovarlo a Cinecittà ,ricordo che adoperai un cucchiaio da minestra,avevo una tela recuperata lì, era molto grezza ,lo finii in una seduta. Lo dipinsi con grande pennellate larghe e piene di colore venne un bel dipinto che molte volte ho pubblicato,con una sciarpa bianca al collo era vestito di scuro ,con un cappello nero in testa. Tornammo in macchina con il regista Bonnard e Amato, cantando e ridendo..così mi fu pagato il ritratto.”

L’amicizia con Fabrizi proseguirà ancora,nel 1949 parteciperà con i suoi dipinti nel Film Antonio da Padova,per la regia di Pietro Francisci,con Aldo Fabrizi e Silvana Pampanini , i dipinti di Paulo fanno parte per l’interpretazione del protagonista ”pittore” nel film. Dipinse anche la mamma di Fabrizi: “mi chiese di fare il ritratto a sua madre,una donna nostrana, assomigliava tutta al figlio

,lui l’adorava,venne un bel ritratto che mi pagò bene.”

ROMA; Le scimmie,

Allo zoo di Roma,dal 1942,inizia a ritrarre le scimmie, “quasi per cura” dopo un periodo di ritratti a belle signore,anche se nella loro staticità, nella bellezza della posa colgo sempre qualcosa di interessante,di desiderabile,la tranquillità di un volto mi può incantare. Dopo tanta bellezza cercavo anche qualcosa di brutto. Questo lo trovai nelle scimmie,guardando proprio un gorilla che somigliava ad un uomo e la sua femmina ad una donna: di fronte a me avevo una famiglia,un marito e una moglie e i figli, e che famiglia!

Questa rappresentazione ,quasi umana, mi portava a un certo realismo. Lontano dalle mie donne caramellate, con i volti già preparati per il ritratto. I gorilla non preparavano il volto per il ritratto erano brutti ma interessanti per la loro naturalezza, stavano lì ,fermi guardavano mentre lavoravo anche incuriositi.

Feci le Bertucce,mi facevano venire in mente i ragazzini livornesi che si picchiano fra di loro e poi, tutti insieme, vanno a giocare, e ancora macachi,orangutan. Trovai un interesse straordinario per questi animali. Feci molti disegni, più ne facevo e i collezionisti più ne volevano acquistare. Mi stancai e per lungo tempo non ne disegnai più.”

Nel 1944 Vittorio d’Aste,in Firenze, pubblica la sua “ ballata antiermetica dei pennelli e degli scarpelli viventi nell’arte d’Italia”111* con citazione dei tre Ghiglia

A Roma nasce Maurizio il suo terzo figlio.

(12)1945,Roma mostra dal 6 al 15 gennaio alla Galleria SAN MARCO,via del Babuino 61. Nell’invito della mostra in copertina il famoso ritratto a Toscanini con l’elenco delle opere ,43 dipinti recenti.112*

1945,RadioVoci114*,luglio,rivista di spettacolo nel suo numero 27 nello speciale dedicato a Petrolini all’interno molti articoli sull’attore,in copertina il ritratto di Petrolini di Paulo

Conosce e frequenta il principe Dado Ruspoli,è del 1945 il suo famoso ritratto,ritrae anche Donna Maria Celeste:volevo farle un bel ritratto e buttai giù il quadro cinque volte. Ogni volta che mi sembrava concluso, sentivo che non ero contento, alla fine venne un bel ritratto moderno,lo esposi nella galleria della Giosi ,in attesa della cornice, venne molto apprezzato e mi procurò molti altri lavori.

1945,Roma,Guida Monaci114bis*,P.G pittore,è segnalato come residenza o studio in via Boncompagni 28.

Nel novembre dello stesso anno la prima importante monografia di Paulo,scritta dal Biancale, da considerarsi un libro d’artista,stampato in 500 esemplari,fuori commercio i primi 32,con un disegno originale in copertina 113*.

Vengono pubblicati i ritratti di ventanni di lavoro, il primo:sosta in Tinello,( il ritratto della nonna Corinna) a seguire un ritrattino del fratellino Benedetto, vari ritratti dei primi periodi della Verna.Riprodotto anche il bel dipinto di Padre Virgilio, ancora una diecina di paesaggi con figura eseguiti alla Verna,un ritratto del Barsanti,un ritratto dell’amico Nichilò,un bel quadro dove Ugo, amico verniano, viene ritratto al suo lavoro di ciabattino, la moglie Giuliana in varie pose e alcuni dipinti insieme ai figli piccoli,quello dell’amico medico ,già ricordato per le prove delle firme, in quadro del 1942; ritratti di maternità, di bimbi ,di belle signore romane e non, fra le quali la signora Giosi ,moglie dell’antiquario e gallerista. Il dipinto della Marchesa De Rham,quello della Signora Cecconi di Firenze, musicista e amica di famiglia,che anche negli anni a venire sarà ancora ritratta a Firenze insieme ai suoi familiari. Preziose composizioni delle famiglie Busiri-Vici, Michetti,Burini e altri ancora. Sono,finalmente, pubblicati alcuni disegni parigini del 1931 e del 1933,i vecchi ritratti di Toscanini ,Petrolini e del Maestro Brugnoli, qualche scimmia,vari interni con i figli e Giuliana.

1946,Roma,La Civiltà Cattolica115*VOLUME IV,recensisce, con un bell’articolo critico,la monografia del Biancale:

La monografia del Biancale si aggiunge felicemente alla serie ormai lunga di quelle destinate ad illustrare i nostri artisti.“L’argomento è bene scelto, perché Paulo Ghiglia è un artista, che parte direttamente dalla più genuina tradizione dell’arte nostra. “ i Macchiaioli” toscani e soltanto più tardi venne in contatto con gli influssi d’oltre Alpe,specialmente con l’opera di Telemaco Signorini. Di fronte, dunque, al gran numero dei pittori d’oggi, che ha svolto e svolge pensiero e forma ancora partendo ed appoggiandosi alla tradizione Francese e ad altri movimenti stranieri e esotici,il Ghiglia,con altri pochi,si rifà e comincia dalla vena italiana e fattoriana.Ma anche gli ha sentito l’influsso estero, e specialmente quello francese,sicchè l’arte sua si è svolta a poco a poco e con gradualità verso forme nuove. Descrivere questa evoluzione e assicurare criticamente il suo valore artistico è l’ufficio che il Biancale si propone, dalle cui conclusioni a noi pare di dover dissentire. E’ evidente che per ogni pittore abbia luogo un processo evolutivo,ma non sempre il divenire è progredire. Guardando il Ghiglia dobbiamo dire che l’evoluzione c’è ,e grandissima, ma segna un progresso?. E’ una questione di fatto e,per giudicare,bisogna fare l’esame di quei lavori artistici, ove l’artista ritrova veramente se stesso.

Pur riconoscendo sinceramente le mete raggiunte dal Ghiglia nei ritratti di”società”e nelle forme derivate dall’apporto francese,sinceramente dobbiamo dire che in tutte queste produzioni sta un poco fuori, e in alcuni casi totalmente.I suoi ritratti signorili sono dipinti spesso in maniera apatica,comune ,illustrativa, Il disegno in lui è robusto e incisivo, ma in questi quadri si disperde e manca di consistenza. Manca in essi, a salvare la vuotaggine, anche lo splendore della forma.Nel Ghiglia non c’èml’anima leggera di un francese”boulevardier” ma c’è l’anima forte,sincera, genuina di un toscano. Ovunque egli infattiritorna ai valori primitivi e semplici della vita,li è a posto,sia per il deisegno forte sia per il colore.

Anche il Biancale, chiudendo il suo scritto,si accosta al nostro parere,ma lo fa di soppiatto,riconosce cioè le grandi doti e i felici raggiungimenti,ma brevemente accenna al pericolo di alcuni presupposti illustrativi, e auspica in maniera velata una sana liberazione del nostro pittore da questi ostacoli. Dopo quanto detto,e col pieno riconoscimento dei considerevoli meriti di questo artista robusto,risulta chiaro il nostro invito al Ghiglia di aderire a quella che è la sua genuina spiritualità: e quindi anche a una forma adatta al suo sentimento. Una sincera lode anche al Biancale,il quale ha saputo con tanta dignità di forma e acutezza di critica presentare la bella figura di Paulo Ghiglia,artista veramente nostro.

1946 a LIVORNO un bel dipinto all’ardenza ,con dedica al fotografo Miniati, forse dello stesso anno il ritratto a Belforte ,editore livornese.

Livorno era durante l’anno un luogo–rifugio che Paulo doveva vivere ,di quei periodi ci sono molti aneddoti che, a caso,riprendo da varie fonti,senza preoccuparmi dell’esatta cronologia.

Una curiosità estratta da: Tutti i Visibelli,un racconto trovato online dove è riassunta la vita della famiglia Visibelli .L’anno esatto non viene riportato il periodo è comunque dal 1953 1al 1957 nella villa di Antignano a fra i vari aneddoti e ricordi questi due gustosi e intrisi di salsedine portata dal vento di libeccio :

La casa di Antignano era frequentata da amici e artisti. Ogni volta che passava da Livorno, Nunzio Filogamo non mancava di venire a cena da noi.

Paulo Ghiglia,ritrattista di fama internazionale,che

aveva eseguito pure i ritratti di Dino e Lucia, era anche lui un frequentatore dell’Ancoraggio. Matto ed estroso, cacciava urla improvvise di giubilo che impressionavano i più piccini. Massimo,una volta, si mise a piangere. Più di lui, però, era estrosa la moglie,bravissima concertista al piano, ma proveniente da una famiglia livornese, dove una vena di “pazzia” scorreva evidente in più di un componente. Si racconta che una volta chiamò l’accordatore perché il piano storpiava le note. Sollevando il ripiano, il tecnico trovò il vano corde pieno di lettere che la Maestra imbucava nel pianoforte,dopo averle scritte, imbustate e affrancate.

In un’altra occasione i Miniati, invitati a pranzo in casa Ghiglia,si eclissarono improvvisamente con una scusa,dopo che il sor Bruno,usando il bagno, vi aveva trovato tre o quattro cesti d’insalata a molle nel bidet.

E ancora da un libro di Ferruccio Chiesa del 2014 : La baracchina rossa.Il professor Chiesa racconta di esperienze vissute con vari racconti di quando era appena un ragazzo e frequentava la baracchina rossa,gestita fin dall’inizio dal nonno materno. La copertina del libro è raffigurata con un quadro della baracchina dipinto da Paulo nel 1960 .

Siamo dopo la guerra circa il 1948-1949:

“ Pittore e pescatore vanno a giorni o vanno a ore”…..il proverbio già dice tutto… “Una bottiglia d’aranciata e due etti di roschette” a metà mattina il figlio più piccolo di Paulo Ghiglia,nato parecchi anni dopo i suoi fratelli più grandi, con la sua voce in falsetto e le mani sui fianchi quasi in atteggiamento di comando apostrofava mia nonna Emma ,seduta alla cassa dietro l’alto bancone. La erre non era il forte del bambino, anzi non la usava affatto la consonante e pronunziava, quasi con ostentazione, “aanciata” e “oschette” per vederlo meglio mia nonna si alzò in piedi sporgendosi in avanti.” Due caffè e un martini”Un’altra ordinazione del cameriere che serviva ai tavoli guardando con finta aria di sfida il bimbo impaziente. Emma pesò le roschette ,fece prendere all’altro cameriere l’aranciata nella stanza del ghiaccio. Ora il bambino, finalmente servito,correva verso sua madre, adagiata sulla sedia di vimini,ferma ,immobile come oppressa da una più intensa forza di gravità. Un bellissimo viso, pallido e incorniciato da lunghi e neri capelli. Nonostante il tepore della primavera inoltrata vestiva un cappotto in lana grigia, e sembrava che il sole, alto e splendente in quell’ora non riuscisse scaldarla. Mandò ancora il bambino a prendere due bicchieri: la voce ,calda e sensuale, usciva dalle sue labbra quasi senza movimento .Rapidamente i due finirono il pacchetto delle roschette e bevvero l’aranciata.

Lui intanto, il pittore, con il suo volto arcigno ed arrabbiato, lavorava di spatola e pennello al cavalletto, poco distante , tra i pini ed oleandri, con l’ampio sfondo del mare, che iniziava ad incresparsi sotto la prima brezza mattutina di maestrale: Si sentiva a tratti la sua voce, aspra e stizzosa, esprimere impazienza o disappunto, man mano che il quadro, rapidamente abbozzato, prendeva colore e forma. Parlava a tratti improvvisi con se stesso, quasi interrogandosi o valutando quanto stava dipingendo. La pazienza e l’ottimismo non erano sue doti, anche se, ogni tanto, improvvisamente calmo, canticchiando tranquillo si allontanava di alcuni passi ad osservare il suo lavoro ; in quelle rare occasioni se sostava attorno qualche spettatore, ne richiedeva ,con lo sguardo, un consenso.

Era lo sguardo del Ghiglia, una sorta di lampo, un luminoso impulso che trafiggeva e sembrava appropriarsi all’istante,di qualsiasi immagine –cosa o persona- gli fosse innanzi. Incuteva timore, sembrava penetrare in profondità, mettere a nudo ogni privato nascondiglio dell’anima creando, nella persona osservata un sottile disagio; non concedeva replica o comunicazione, perché con altrettanta rapidità si distoglieva da questo esame istantaneo, passando ad un altro atteggiamento: Irascibile e solitario, rivelava nei suoi quadri, specialmente nei ritratti di cui era maestro, una sua personale interpretazione dell’oggetto o della persona raffigurata.

In quel periodo del dopo guerra , racconta il Chiesa,la baracchina era quasi tornata alla normalità con il ritorno dei pittori labronici nel loro posto di ritrovo ,per consumare un caffè , riposarsi un po’ e ricreare il “cenacolo”di un tempo.

C’erano Gino Romiti ormai vecchio, c’era Giovanni Lomi,Giovanni March, polemico e estroverso, a volte anche il Natali.C’era anche il giovane Gastone Conti abituè ardenzino. Ma Paulo Ghiglia no, non partecipava a questa sorta di cenacolo all’aperto: stava per conto suo, mascherando con un atteggiamento altezzoso e critico una sua innata timidezza, un profondo desiderio di solitudine e distacco. Lo dimostravano i tratti della sua voce squillante, i suoi brevi scatti d’ira ,il suo modo spavaldo e guasconesco di presentarsi, il collo avvolto da una sciarpa volante, la gran massa di capelli neri mai pettinati e scompigliati dal vento di mare.

Il Chiesa racconta dei pomeriggi e le partite a carte degli avventori,della stanza dei gelati artigianali e altri ricordi.

Verso mezzogiorno Paulo Ghiglia aveva improvvisamente deciso che il quadro era finito. Chiuse allora, mormorando frasi di consueto scontento, la cassetta dei colori e messosi in spalla il cavalletto si incamminò verso la baracchina .Si soffermò sul bordo della strada richiamando aspramente moglie e figliò che si unirono a lui per attraversare la strada ,verso l’abitazione che era di fronte, a poca distanza. Dalla baracchina si vedevano i tre allontanarsi lentamente, mentre la voce di Paulo, sempre più indefinita, rimproverava chi sa che cosa al suo silenzioso seguito.

..Appoggiato al manico della granata, il cameriere, finito di spazzare fra i tavoli osservava in silenzio la scena.

“ Tra questi artisti ,borbottò, non ce né uno a garbo. Poi ,voltandosi verso la mia nonna “ hanno almeno pagato la consumazione?

Luciano Bonetti,giornalista del Tirreno e attento “raccoglitore di scene di vita” degli artisti livornesi , tratto da “pittura livornese”,di Paulo scriveva: ”Il ciclone Paulo Ghiglia”

..Un noto critico ,Pietro Scarpa,scrisse un articolo che a Ghiglia non piacque e la vendetta non tardò. Paulo andò in un famoso ristorante romano ,entrò nella vetrina ove espose uno scarpone da montagna sfondato e un cartello “ questo è il critico che si è permesso di parlare male di me”

Una mattina mi telefonò “ domani vengo a Livorno, faccio una mostra a Bottega d’arte, voglio un articolo col titolo a cinque colonne”..Cercai di fargli capire che, non essendo il direttore ne capo redattore, non potevo garantire le colonne. “ Fai gli articoli a tutti gli scalzacani,disse,e con me fai tante storie”.. abbassando la cornetta imprecando. Andai dal capo redazione con l’articolo fatto, mi raccomandai e per fortuna uscì con l’ampiezza richiesta. Dopo qualche giorno, lo incontrai..appena mi salutò.. l’articolo lo hai visto?”,gli chiesi,e lui “ vò in …. a te e all’articolo”,mi rispose “ ho già venduto tutti i quadri”

Durante il ventennio fascista venne chiamato in casa di un noto gerarca per eseguire un ritratto ad un suo familiare,il quale ,durante la posa, non voleva stare fermo. Paulo, glielo disse una, due, tre volte,poi perse le staffe e gliela sfascio sulla testa..Naturalmente perse il lavoro.

Nello studio del Miniati ne succedevano di tutti i colori, il Miniati era bravissimo a “caricare” i frequentatori, soprattutto i più irruenti e le liti erano all’ordine del giorno. Il Ghiglia, appena giungeva a Livorno irrompeva nel suo studio e se c’era il Michelozzi detto il borchia, gran polemista, la lite era assicurata. Un giorno Michelozzi al termine di una accesa discussione di pittura disse al Ghiglia:” e poi non è vero che io non ti stimo. Tu sei meglio di Leonardo, di Michelangelo,di Raffaello. Si perché loro erano uno solo e tu sei centomila” ..immaginate cosa successe!

I Bedarida con la famiglia Ghiglia sono sempre stati amici,la signora Laura Franco , scultrice,gli chiese a Paulo di posare,nel 1952, per un ritratto una testa in creta ,oggi presente a Villa Mimbelli al museo FattoriPaulo ,dotato di irrequietezza cronica, soffrì non poco a quella “tortura” ma comunque collaborò ,la Bedarida plasmò un bellissimo volto, anche sorridente,grazie all’idea di mettergli fra le mani una chitarra..suonando si addolcì..

1946,a ROMA, ritratto del figlio Oscar con dedica all’amico Cozzani;1947 a Roma,ritratto di Goffredo Fiano,1947 Roma,ritratto dell’ing Edison Scalabroni,

Lavora ancora per il Vaticano è del 1947 il ritratto dell’Ambasciatore di Spagna presso la Santa sede il Marchese Asinena,di quel periodo altri ritratti come quello al Conte Giuseppe Fiorentini,cameriere di cappa e spada della S.S ed altri

I ritratti al Quirinale…

Roma, Quirinale ritratto alla moglie di Einaudi ,

presidente della Repubblica dal 1948-1955,

“ Ero già stato al Quirinale,al tempo del Re, per il ritratto della Duchessa di Genova,con il risultato di avere ancora incarichi per tanti ritratti della nobiltà romana. Ebbi l’incarico di fare il ritratto alla moglie del presidente Einaudi. Il ritratto fu divertente,lo realizzai in grande salone azzurro, davanti a me c’erano troni, tendaggi e enormi mobili antichi..tutto quel fasto non rispecchiava più quel momento storico, la monarchia non c’era più.

Chiesi al personale di servizio di fare alcune modifiche e feci mettere sulla parete una tenda grigia .Iniziò il ritratto, la presidentessa si presentò con un vestito di pizzo nero.. con sotto un trasparente di seta grigio,le braccia erano nude, sul fondo del vestito scendevano delle pieghe viola, grigie cangianti, si mise seduta davanti a me..Urlai come un matto : Goia !, vedo Goia!!

Accorsero subito dei corazzieri per capire cosa stava succedendo….Il ritratto lo eseguii in una misura molto grande,feci prima il disegno che poi ingrandii tracciando il reticolo sulla tela nel cortile del Quirinale.Il quadro lo eseguii aiutato dai corrazzieri che lo portavano dal cortile alla sala quando la Presidentessa posava. Ogni tanto sentivo arrivare il Presidente per vedere come procedeva il ritratto di sua moglie ,io urlavo”:non voglio nessuno”, donna Ida mi diceva bisbigliando “ maestro ..ma è il presidente,vorrebbe guardare..”” No!! Gli risposi, che lo veda quando è finito..Mentre dipingevo mi sentivo padrone assoluto..non volevo nessuno che mi potesse distogliere dal mio lavoro.

Donna Ida era una donna intelligentissima,simpatica e cordiale, Posò per venti giorni con collaborazione e semplicità ,quando finii il ritratto mi invitarono a pranzo. Parlammo di Livorno dei suoi artisti e di mille altre cose, con lui mi sentivo a mio agio..un uomo di grande cultura mi sembrava di essere a pranzo con Cicognani, Soffici, Papini Frazzi e Pizzetti messi insieme.

Comunque riuscii a litigare anche con lui..teorizzava che il Canova era il migliore scultore, dei sistemi di Canova, dei canoni di Canova..io che amavo Rodin e Medardo Rosso gli risposi a mio modo, alzando un po’ la voce, che Canova era un accademico..un perfezionista .Einaudi si alterò contestando i miei pensieri… ribattevo a voce alta.., Donna Ida mi sussurrò: guardi che sta litigando con il presidente.

Aggiunsi “ Non è che io non consideri di trovarmi davanti al Presidente. E’ Meraviglioso e sono onorato, ma stiamo di fronte a scelte d’arte e ,discutendo ,possiamo uscire anche dall’etichetta. Queste mie parole piacquero al Presidente, lui rimase per il Canova e io per Rodin e Medardo Rosso.

Rimasero in buoni rapporti e successivamente, anche non più da presidente,visitò mostre a Roma di Paulo.Il ritratto di Donna Ida, venne pubblicato su quotidiani e riviste riscuotendo un grande successo.

PRESIDENTE GRONCHI (1955 -1962)

Il Presidente Gronchi che si insediò al Posto di Einaudi ,volle lui addirittura il ritratto , successivamente anche sua figlia Cecilia venne ritratta. Paulo racconta:

” Tornai al Quirinale per il Ritratto del nuovo Presidente Gronchi, anche questo lo dipinsi nella grandissima sala azzurra. Lo dipinsi in piedi, appoggiato con la mano ad un tavolo, con lo sfondo di una tenda blu e riflessi grigiastri, mi piacque molto lo sguardo che usciva dai suoi occhiali tondi. Si parlò molto di letteratura e arte e mi confidò di aver conosciuto Pancrazzi, Cicognani e altri che conoscevo anch’io.

Mi confidò che avrebbe voluto essere un letterato ,ma senza riuscirvi..” beh qualcosa ha ottenuto, gli dissi, è diventato il Presidente!

Il ritratto venne bene ed eseguito rapidamente, quasi subito volle anche quello della figlia, non al Quirinale ma nella sua residenza privata di Via Cassera, in zona Nomentana. Lui preferiva vivere nella sua casa e non al Quirinale,impegni permettendo. Anche il ritratto della figlia, publicato anch’esso, venne bene ma a me piacque più quello del presidente.

Anche con Gronchi Paulo ebbe un buon rapporto il Presidente visitò privatamente qualche sua mostra romana. Ad una di esse gli acquistò un paesaggio dicendo: voglio questo quadro italico! Era un quadro della Verna. “ gli portai il dipinto direttamente a casa e lui mi fece vedere il suo studio privato dove teneva la sua collezione di statuette orientali in giada, avorio e anche marmo..” Un giorno dalla tenuta di San Rossore il presidente inviò a Paulo due fagiani ,lui fece subito un pastello su carta che gli inviò per riconoscenza… “Ho anche passato un giorno sul suo yacht alla Gorgona.”

ANTONIO SEGNI 1962-1964

La presidenza fu breve in quanto Segni si ammalò quasi subito dopo il suo insediamento al Quirinale, infatti Paulo lo ritrae in poltrona nel 1962, poco prima della partenza per gli stati uniti. Il ritiro dalla presidenza avvenne nel 1964 , venne colpito da ictus dopo un acceso diverbio politico.

Di Questo dipinto, che io ho acquistato in Francia anni fa ,a Marsiglia ,nello studio di un architetto , ho avuto informazioni che confermano, parzialmente, quello che Paulo stesso ricorda. Venne acquistato a Nizza da un tappezziere/arredatore che alla vendita della residenza di una famiglia italiana acquistò parte degli arredi stessi. L’architetto di Marsiglia l’acquistò anni dopo in un asta a Nizza e per molti anni lo espose nel suo studio.

“ Iniziai il ritratto che non finii perché il Presidente si ammalò ed io dovevo andare in America, da Los Angeles gli scrissi che ero dispiaciuto di non aver potuto terminare il dipinto, speravo che mi rispondesse per dirmi di tornare per terminarlo. Segni mi scrisse una lettera bellissima dicendomi che ancora non si era ristabilito ma che mi avrebbe avvertito appena fosse stato meglio, mi consigliò di fare il mio lavoro senza preoccuparmi molto di lui..rimase incompiuto.

L’opera era molto interessante con forti e larghe pennellate che raffiguravano il presidente già malato seduto su una poltrona. Anni dopo lo esposi comunque a Roma e piacque molto, fu comperato da dei suoi parenti che vivevano in Francia.

1949,(116*) ROMA,Mostra in ricordo di Petrolini, FILM LUCE,14.04.1949, allestimento Mostra con quadri di P.G

1949(117*),Roma, Film, Antonio da Padova, con Aldo Fabrizi, Silvana Pampanini ecc ,con quadri di Paulo Ghiglia

1949, ritratto al poeta Luigi Polacchi ,