1970-1979

L’ultimo decennio di attività e di vita per Paulo, sarà ricco di mostre importanti e riconoscimenti,il ritratto su commissione è quasi abbandonato,molti,ancora,i ritratti a disegno che continua con piacere a sfornare ,non rinuncia ai quadri di figura con accessori in tessuti colorati posti sui divani e poltrone per la posa ,bei ritratti all’aperto con colore,gioia e impasti vivi. Ormai completamente libero da schemi di mercato,casomai fosse stato “rinchiuso”da tali schemi,non rinunciano invece i suoi clienti e ammiratori che accettano, con piacere ,ancora la sua nuova pittura. Le due mostre antologiche del 1973:la prima nella primavera a Palazzo Strozzi a Firenze e nell’autunno dello stesso anno a Roma nel Palazzo della Quadriennale ripagano, parzialmente ,Paulo del suo lungo percorso solitario che dal 1931 non lo avevano più visto partecipe a Mostre Pubbliche,premi e..granpremi vari! ricevendo sempre e comunque consenso di pubblico e.. di critica (poca e poco disponibile ad accettare pittura vera).Impressionismo – espressionista è la definizione finale dall’eco ottenuto per le due mostre del suo ultimo periodo artistico.

36/1970 Livorno,17.02.1970,Galleria Bottega d’arte , mostra di P.G

1970231* Livorno, invito della Mostra alle ore 18,00 per l’inaugurazione dell’ultima produzione artistica.

37/1970 PORDENONE,galleria la Roggia,organizzazione Contemporarte, dal 14/ 27 novembre

1970232* PORDENONE,galleria la Roggia,organizzazione Contemporarte, dal 14/ 27 novembre, personale di Bueno, Ghiglia, Midollini.invito

1970233* Firenze ,Galleria Gai, diretta da Cardilicchia, sei pittori P.G (pag83/95)Nel catalogo della mostra viene riportata la descrizione dell’artista tratta dal Comanducci,volume II,un testo di Ugo Moretti e uno stralcio di Pestellini.Le riproduzioni: in bianco e nero un autoritratto del 1968,uno a colori del 1941,tre belle composizioni del 1941(circa) eseguite a Firenze nello studio di Piazza Donatello. Paulo è richiesto da molte gallerie. A Firenze,appunto, la GAI del mercante d’arte Cardilicchia, con sede in via Tornabuoni,gli organizza molte mostre collettive, non riuscendo mai a fargli una personale, vende sempre tutto prima, grazie anche alla sua organizzazione che distribuisce in Italia a varie gallerie come la galleria Kursall di Montecatini, studio Ramella di Milano,la galleria d’arte il Centro di Pavia,l’Arte Centro di Cosenza,varie gallerie pugliesi a Bari e Taranto .E’ citato anche su riviste fiorentine e nazionali ad esempio :la nota e importante per l’epoca BOLAFFI ARTE dal 1970 al 1975 ,avvisando i lettori di sporadiche personali,importanti però,di Paulo.Anche la Galleria Fiorentina “la Primavera” propone dipinti di Paulo. Contemporarte continua a vendere,senza mostre, dipinti di Paulo.

38/1970 Bari Galleria La Vernice,28 novembre- 9 dicembre mostra P.Ghiglia ( a cura della GAI)

1970234* catalogo della mostra di Bari alla Galleria La Vernice , con testo di Ugo Moretti.

1970235**.Torino, editrice pinacoteca, il mercato artistico Italiano 1800-1900, pag 346, annuario d’arte .

1971236* Firenze, Sansoni Editore ,pubblica la monografia più importante di Paulo”nella vita e nell’arte” con ancora un testo di Pestellini e la ripresentazione di Montanelli, con i dipinti storici e del nuovo corso con molte illustrazioni a piena pagina,anche a colori. L’elenco dei dipinti e dei disegni è troppo lungo da trascrivere (come il testo del Pestellini).

39/1972,Firenze,GalleriaGonnelli mostra personale,GENNAIO

1972237** ROMA, L’Italia che scrive, Istituto per la propaganda della cultura italiana: Viene riportata la notizia che a Roma, nel marzo, è stata realizzata un’iniziativa artistica di alto interesse e di notevole livello qualitativo,con premi: Al primo posto per la pittura Paulo Ghiglia,

1972238*Eco D’arte,dicembre,la Galleria Nitti,propone lavori di Paulo.

40/1973 Firenze,Palazzo Strozzi, Mostra Antologica P.G dal 27 maggio al 24 giugno,con 124 dipinti

1973239* Firenze,Palazzo Strozzi, catalogo della Mostra Antologica dal 27 maggio al 24 giugno, all’interno il comitato d’onore,la lista dei dipinti,27 riproduzioni a colori , circa 40 in b.n

1973240* Firenze, l’invito della Città di Firenze per la Antologica:La Signoria Vostra Illustrissima è invitata alla inaugurazione della Mostra Antologica di Paulo Ghiglia che avverrà il 27 maggio alle ore 10,30 in Palazzo Strozzi, la mostra rimarrà aperta fino al 24 Giugno.

1973241*,un catalogo senza data,stampato dall’Impronta di Scandicci-Firenze,con testo di Raul Maria De Angelis, forse un catalogo ridotto della antologica di Firenze o della mostra di Roma nelle sale della Quadriennale.

Ecco il prezioso testo di Raul Maria De Angelis :

E’ da tempo che lo attendevamo alla soglia della maturità, per impostare il capitolo sulla sua vera pittura,poichè Paulo Ghiglia fra macchiaoli e impressionisti,ha trasformato lentamente,per spontaneo assorbimento, gli umori a lui congeniali, in un impasto cromatico che si ricollega persino a Van Gogh, attraverso Segantini e Boccioni figurativo, in certi riverberi e segmenti di colori tratteggiati,che finiscono col conferire ai contorni di alberi e persone,pur iscritto com’è nella compitura di una realtà, questa volta resa favolosa , o almeno evocata in uno specchio magico tra memoria e fantasia.

E,guarda caso, anche l’impianto della composizione,la trama del disegno,l’incalzare del racconto,ha acquistato la tematica di un nuovo modo di rappresentare,di comporre scene, d’impastare aria e luce,di dividere lo spazio per ottenere vibrazioni segrete. Ne viene Fuori una pittura drammatica,anche nelle visioni di paesaggi attoniti nella loro stessa luce,che sembrano consumarsi in aree levità,in radiazioni meccaniche. Il mito,persino il mito, accampa il suo miraggio per stabilire rapporti col tempo,fra la reale consistenza di quelle architetture di un accordo misterioso. E’ quindi il mistero ad apporre il suo sigillo al cielo capovolto di certi paesi inventati o ricordati in sogno.

Come i maestri del Passato, Ghiglia ha scoperto il volto umano, ma l’ha scoperto in quanto del corpo (con braccia,gambe,piedi e mani) cioè a dire di un tutto armonico, vivente architettura dell’uomo fatto ad immagine dell’Essere Supremo.

Vedi ed annota,o visitatore distratto, con quanto amore è vagheggiato il volto della fanciulla, più volte scelta a modello,con quale rispetto e fedeltà,con quale memoria adornato:è allora l’amante,la sorella,la donna di verginali sembianze, anche se sfiorate dal sogno e da un contatto meno pudico o meno arcano:il risultato è da riportare intero a gloria della pittura come della compagna e del modello, che in queste tele ripete le grazie di una apparizione celestiale e terrena ad un immagine in boccio,nel tema ricorrente di un rapporto senza equivoci e senza sospetti.

E’ la donna nel rapporto con la natura circostante, e gli occhi non hanno bisogno di rivolgersi al cielo,poiché la luce del cielo è riflessa nel corpo umano, che rispecchia sentimenti ed affetti, stagioni ed epoche,volta a volta illuminate di amore e gelosia, timore e attesa.

Per virtù di colore, del contrappunto, della sintesi melodica,del tono, ogni tinta acquista risonanza e risalto, lo stesso fondo ha riverberi da un lume incantato.

Se Ghiglia riesce a frenare il polso, ad accontentarsi del primo infallibile tocco, il tessuto pittorico è ricco e casto ad un tempo. Le linee del volto hanno disegno semplice e puro, le vesti accennate racchiudono appena le forme del corpo pronto a vibrare e a denudarsi.

Il paesaggio,Ghiglia, ha trovato persino il modo di scolpirlo isolandolo in blocchi,scandendone la masse,sempre con quella varietà di ritmo, quelle scalpellate di luce-colore che, ispirate da un confronto diretto con la natura, sembrano ridarle le tinte acerbe e radiose di un risveglio, lo stupore di una scoperta, furtivo splendore dell’evocazione. Converrà porre l’accento dunque,su un nuovo espressionismo,un modo assoluto di affrontare l’uomo e la natura (l’uomo nella natura),e qui l‘alunno Ghiglia tenendo conto della lezione dei maestri,supera l”impasse” apparente di una tradizione con l’ardire di cui s’è fatto corpo all’inizio, l’arroganza di un temperamento generoso che affronta e supera le difficoltà,i pericoli o gli agguati.

Ghiglia,una volta stretto alle corde,rompe gli schemi, e accende i suoi bengala di colore puro. Ogni colpo, un accento giusto,originale,un guizzo di rosso,di giallo, di verde,nell’impasto di un delirio controllato dal disegno, un disegno reso essenziale dalla ragione. Ed è nel disegno che Ghiglia trova il suo pane quotidiano,il suo robusto racconto; specie se il carboncino che l’artista adopera,procede per segni violenti e appena abbozzati, o con macchie e penombre suggerite dall’atmosfera all’interno del carattere del personaggio che accompagnano spesso le sue peregrinazioni giovanili.

Nel 1933 Paulo è a Parigi e c’è un autoritratto dell’epoca con quell’aria stralunatica di eroe amletico,quella esaltata ferocia che segna un periodo. E’ in quelle prove al caffè,in cui studia l’umanità, si accredita un disegnatore di razza specie in certi volti patiti,segnati dalla sorte,con la sintesi aggravata della disperazione.

Paulo,attento e crudele,vede una realtà che nessuna fantasia riuscirebbe a rendere più delirante. E’questa la sua vera accademia,la realtà affrontata giorno per giorno,una storia affidata alla pagina bianca di un album che serve a testimoniare una vita.

E’in questa epoca parigina che traspare una forza addirittura demoniaca:La fame di Ghiglia è priva di quella oratoria e di quel declamato che accompagna l’esistenza di tanti artisti allo sbaraglio,ed acquista invece un’eloquenza sobria,un contegno, un pudore nel tratto incisivo e perentorio, nella narrazione in bianco e nero.

E’ il disegno il suo riscatto,la sua perenne purificazione. Nella serie degli autoritratti in cui la contemplazione di se stesso diventa ossessiva,egli ricerca la verità della corrispondenza umana tra volto ed immagine,forma e spirito. Nel disegno delle mani rispecchia l’umanità del personaggio e definisce il dominio interiore.Così Ghiglia si identifica col suo autoritratto e fa storia con tutto il suo essere trasformato dalla tentazione del secolo, e senza la schiavitù del modello acquista quella definita libertà,che è ricordo,memoria,soggetto

Le sue scimmie e l’indagine espressiva dei personaggi trovati in una sola donna, denotano una scelta,una presa di coscienza;con la scena d’assieme intorno al Cristo,o di gente in rivolta, che vivono in virtù di un segno che scava davvero nel profondo dell’anima. E qui dobbiamo per forza tornare agli esordi di Paulo adolescente che già adopera tratti incisivi per definire visioni di perseguitati e di poveri. La ingiustizia di un affronto immeritato hanno affilato il suo bisturi che ha disezionato vene e cartilagini per ritrarne l’essenziale, esporlo alla luce di una scoperta dissacrante.

Le scimmie,il giardino zoologico,l’incontro con gli animali prigionieri,dietro le sbarre, come i barbuti che si illudono di vivere in libertà sotto le arcate dei ponti della Senna. Una di esse rappresenta la spietatezza dell’auto- ritratto,e invece della crudeltà la tristezza, una patina di dolore antico fa grumo nella pupilla incatramata. Segni essenziali, nervosi, riassuntivi: Qui il polso di Ghiglia sembra essere trattenuto da un amore che non avrà ne risposta ne ricompensa. Amore fine a se stesso.”

1973243* Il Giornale d’Italia, 01.07 Firenze, servizio di Giorgio Pillon: A settembre si terrà una sua nuova mostra alla Quadriennale. DIPINGE PER “IMPARARE”

Si tratta di Paulo Ghiglia,il ritrattista forse più famoso al mondo che dopo anni di permanenza in America si ritirato vicino al convento della Verna. All’origine della sua forza espressiva c’è una curiosita divorante e un inesatto interesse per l’anima umana. Un piatto degno degli dei. Una pagina del quotidiano ,riassume una lunga intervista fatta in occasione della Mostra a Palazzo Strozzi

41/1973 Roma Palazzo della quadriennale, mostra antologica di Paulo dal 20 settembre al 13 ottobre

1973244*,Roma catalogo della mostra antologica con un saluto del sindaco di Roma e un testo di Valerio Mariani.

Il testo di Valerio Mariani:

Quando si ha la benedetta e pericola sorte di nascere da una famiglia di artisti e partecipare a quella straordinaria esplosione umanistica che macina in un solo crogiuolo arte, musica, letteratura, i problemi della scoperta di se stessi sono quanto mai complicati. Paulo Ghiglia,per sua fortuna,ha ereditato da questo amalgama di disposizioni all’arte un prepotente istinto per la pittura a cui è riuscito sempre a tener fede nonostante le tentazioni culturali fra le quali parte della sua vita è trascorsa,con grande vantaggio dell’arricchimento del suo spirito, ma anche col moltiplicarsi delle difficoltà di veder chiaro avanti a sé dove ha camminato ugualmente col suo passo fermo e deciso anche attraverso prove di non comune durezza.Del resto all’esser toscani, come è Paulo Ghiglia, dobbiamo attribuire sempre meriti e pericoli che avvertiamo ogniqualvolta si studiano anche gli artisti del passato: ragione e istinto, cultura e gusto dell’immagine, racconto e fantasia,si danno battaglia sempre in questi ingegni dotati di facoltà e insieme, fin dal primo sbocciare,rivelano il naturale slancio, ma anche la tendenza alla chiarezza nell’ordine da imporre al caos della vita. Meglio che in una mostra “antologica”non si potrebbero, dunque, individuare le “costanti” dell’arte di questo pittore nato, ricco di esigenze che germogliano nel vivo dello stesso istinto e rappresentano l‘elemento dialettico da cui trae vita il ritmo dell’arte. Dall’esperienza ambientale (anzi famigliare) Paulo Ghiglia,intanto,derivò un prezioso e inalienabile tesoro: quello del linguaggio delle forme, pienamente posseduto,che in lui non assume mai il compito di bastare a se stesso, ma quello di interpretare momenti di vita e stimoli del sentimento.

E’ stato indicativo il giovanile periodo della Verna come una primavera creativa per l’artista ed è in gran parte vero: si rivela però anche negli studi ed abbozzi di quel tempo come sia sempre presente ed attivo uno spirito critico estremamente vigile che lo consiglia a non ascoltar le suggestioni francescane filtrate attraverso la letteratura, ma piuttosto a sfruttare in pieno ciò che la beata natura dei luoghi può suggerire ad un ingegno fervido,illimpidito da quel senso di distensione che è proprio di certi ambienti paesistici.

Sicchè ne vennero, allora persino quadri come “Padre Virgilio” che ci rammentano le cose migliori dell’ottocento,non soltanto italiano, per armoniosi rapporti di spazio e felici intuizioni disegnative come il profilo “perso” del frate che ricorda la pittura del cinquecento fiorentino e soprattutto il Pontormo. Subito alternato tuttavia dalle “trecciaole” che si volgono piuttosto alla tradizione macchiaola naturale ed istintiva in un temperamento come quello di Paulo Ghiglia che sboccherà in un “impressionismo-espressionistico”(se così possiamo dire) nella più recente fase pittorica.

Del resto,nel caso di Ghiglia, non si possono separare disegno e pittura,perché ,come si vede nei suoi fedelissimi abbozzi,il colore viene impresso sulla tela con tratti di pennello nettamente indicativi della forma,perciò riescono così efficaci molti dei suoi ritratti che assumono carattere d’improvvisazione mentre sono il risultato di una lunga disciplina .In alcuni di essi,soprattutto femminili,il garbo e l’invenzione dell’artista raggiungono subito lo scopo di far balzare dal quadro,quasi all’improvviso,il personaggio con il suo carattere:ma in un pittore che passa spontaneamente da un tema all’altro senza diminuire l’impeto né attenuare il suo stile( si vedano per questo,le belle nature morte, veri ritratti delle cose e dell’ambiente) ci importa, soprattutto,di sottolineare le qualità di invenzione e l’originalità della materia cromatica che lo pongono, a distanza di tempo e di gusto, sulla linea del Signorini con una autentica di accostamento al vero che sa dimenticare qualsiasi ricerca di virtuosismo.

E’ interessante, per questo, all’inizio della serie di studi fatti “al giardino zoologico”ricordare anche una semplice impressione come la “carrozzella” davanti all’ingresso dello zoo paragonare questa composizione cromatica con l’elegante “musica al Pincio” di Spadini; non c’è soltanto una distanza di tempo,di moda e di gusto,ma una differenza d’artista. Egli,tuttavia, ha saputo sfidare i famosi ritratti femminili di Boldini con quello della Principessa Ruspoli,in cui il segreto poetico nasce dallo squisito accordo di colori in una ricerca “tonale”dettata dalla stessa raffinata nobiltà della modella in posa.

Spesso Paulo Ghiglia si raffigura in autoritratti improntati a quella espressione concentrata e quasi di scontento che gli è propria; ma l’immagine è tanto più viva quanto più si inserisce nell’ambiente dello studio, partecipa, anche nell’intensità espressiva, a quella atmosfera concitata, ricca di colori, che in lui acquista una singolare energia attraverso la pennellata costruttiva e rapida.

1973244bis*Roma Il Giornale d’Italia 10.10,“ Mostra Antologica di Paulo Ghiglia” bel servizio di Bruno Morini.

1973245*Roma, L’Osservatore Romano,22.09 “ Mostra Antologica di Paulo Ghiglia”

1973246* Roma,Paese Sera,19.9 articolo su Mostra di Paulo Ghiglia.

1973247* Roma, Le Settimana a Roma, 28.09 ampio servizio sulla mostra di Paulo( Derna Querel).

1973248* Roma, La Settimana a Roma,05.10, Articolo di PAN sull’antologica di Paulo Ghiglia.

1973249* Roma, il giornale d’Italia, 21 settembre, articolo sulla mostra di Paulo

1973250* Roma, Il giornale d’Italia 21.09“ taccuino delle mostre” Paulo Ghiglia alla Quadriennale

1973251* Roma ,Il Giornale d’Italia, 22 .09 “ Antologica di P.G”

1973252*,BOLAFFIARTE,nelle mostre Italiane cita,l’antologica di Paulo a Roma

1973253**Torino , Annuario Comanducci, in catalogo

42/1973 Verona ,dal 24 novembre fino al 10 dicembre, galleria Ghelfi ,personale di Paulo Ghiglia,

1973254*Verona,novembre Galleria Ghelfi,catalogo della mostra.

1973255**FIRENZE dal 15 dicembre al 10.01.1974: Mostra alla galleria GAI:cinque pittori Ghiglia,Fantuzzi,Cipriano Mannucci, Monachesi, Omiccioli

1973/1974 uno stralcio di un testo di quel periodo di Giorgio Pillon :

Conosci Paulo Ghiglia,il pittore,il ritrattista forse più famoso d’Italia,celebre anche per certe sue “cotte” pittoresche? Ora pare ne abbia presa un’altra: dopo centinaia di disegni alle scimmie dello zoo di Roma, dopo aver dedicato centinaia di quadri e disegni a Isa Miranda,dopo aver dipinto,e tutte insieme messe in mostra,le ambasciatrici di Roma negli anni cinquanta,dopo tele di cinque metri x due strapiene di figure di giovani che contestano,sembra abbia avuto una profonda crisi religiosa: dipinge soltanto San Francesco, quello dei fioretti, delle prediche agli uccelli. Si è ritirato alla Verna, proprio all’ombra del convento” L’amico che mi dà queste notizie sa molto bene che conosco Paulo da diversi anni. Sa anche quanto io stimi questo singolare artista, tutti slanci e generosità,ma anche a volte timido e riservato. Forse per questo,ma in maggior parte per il suo talento,Paulo,rimane in mezzo alla folla infinita dei pittori, un recluso,ma grande artista.”

1974256* Firenze Ediagricola, F.Pestellini, Maremma Toscana, aneddoti e storie su P.G, del racconto del Pestellini vengono,in pochi anni stampate altre versioni , con altri articoli e aneddoti su Paulo.

IL POLIEDRO

A Roma,verso la fine degli anni sessanta una coraggiosa rivista:IL POLIEDRO “si stampa” in via Margutta, il direttore artistico e tutto fare Michele Calabrese, grande giornalista, genio e sregolatezza,ha lottato contro tutto e contro tutti ma riuscendo a far collaborare alla sua rivista i più grandi scrittori, poeti e critici di quel tempo :Milena Milani,Leonardo Sinisgalli,Alberto Bevilacqua,Ugo Moretti, Alfonso Gatto, Giancarlo Vigorelli ,Ugo Mannoni,Vittore Querel, Battistini,Raffaele Carrieri, Cesare Zavattini , Leonida Repaci, Giancarlo Fusco, Vittorio G. Rossi,lo stesso Michele Calabrese, Ugo Franzolin, Roberto Gervaso e altri. Nelle stanze di Via Margutta che fungevano da residenza,redazione e galleria sono passati grandi personaggi da tutto il mondo. Pittori,scultori, letterati,registi,cantanti..Paulo vivendo a due passi da Via Margutta con Federico Fellini,Pericle Fazzini ed altri frequentava il “club di Calabrese”

1970260** Roma Il Poliedro n 11-12, novembre –dicembre, servizi su Paulo di Ugo Moretti e Raul Maria De Angelis

1971-1973,Roma, Il Poliedro,é presente quasi sempre con articoli e riproduzioni di quadri,

1974261* Roma Il Poliedro,numero 5-6 maggio-giugno “ Paulo Ghiglia di Alfonso Gatto.” Con molte riproduzioni

Il testo di Alfonso Gatto:

Credo che pochi altri pittori siano così contradditori e così all’oscuro di se,come Paulo Ghiglia sa e vuole essere. Credo che pochi altri ,al suo confronto, reggerebbero la convinzione di star nel giusto, offrendosi all’occhio della propria curiosità e insieme al calcolo della propria attenzione ascoltatelo mentre parla di Parigi e dei disegni ch’egli , solo con se fra la gente che affolla quei famosi caffè di Montparnasse,riesce a fraseggiare per tutto il giorno, legando volti,scorci di spalle,di ambienti e di arredo con una sicurezza di piglio, con una continuità lineare,con un litigio vivido di chiaroscuro,così perspicui della sua immediata intuizione nel vedere e così composti,approfonditi nel sentimento dello spazio e del tempo insieme. Paulo sa quello che vuole e come volerlo:la meditazione gli scatta dalla memoria, e sempre al tocco della provocazione visiva,di un mordere psicologico,che è della mano, naturalmente dura, naturalmente tenera,a decidere il racconto espressivo,oltre che per l’immagine plastica di quei volumi, di quella continua perifrasi lineare che incide e scontorna volti e figure. Pensate alle scimmie,agli autoritratti,pensate ai vari modi della sua pittura, sempre sferzata da questa copiosa linearità e dai legami di un tratteggio inesausto, di una decisione segnica.L’uomo e l’artista insieme – nell’uno ch’egli è e vuole essere , occupato e mai sopraffatto da se stesso – attecchiscono in una cultura plastica e pittorica che da Courbet,da Segantini e da Fattori,attraverso i visionisti,giunge sino a Boccioni :ma l’empito manieristico,con i grandi scompensi e le utopie propri dell’ottenere una visione del mondo attraverso le confraglanti iniziative stilistiche che operano nel quadro a diversi livelli di immediatezza e di calcolo, e sempre attaccato al primo gesto, al tocco che assume l’immagine e la dispone al significato. Pensate a un quadro quale “vacanze”,che echeggia persino Bonnard, alla “rocca delle stimmate”,di impianto courbettiano, pensate alla bellissima “Patrizia”, a “terrazza sul mare”, al “bovaro”, così sicuro d’evidenza plastica, di fermezza disegnativa: certo a questo pittore, la congenialità che gli restituisce in potere di natura la sua eclettica e composita cultura figurale brucia tempi e periodi,e non concede,non può concedere una cronologia stilistica delle singole opere,tutte rimesse,per una nuova opera;in una nuova combustione di memorie e di scoperte. Per Paulo, l’atto del dipingere è il fuoco perpetuo che oltre il suo divampare è strutturato roventemente nella brace e tiene l’opera sino all’ultima pronuncia.Mai si riesce a cogliere se,più del soffio che attizza ,a tenere l’opera sia questa pazienza segreta che consuma e stagiona la propria emozione.

Paulo Ghiglia attinge all’unico verdore delle sue impressioni,al rovescio e al folto delle sue trame boschive,un mondo fresco, immediato che ha dentro quale sostanza del suo consistere plastico, e quale luce che lo valica sino all’animazione e al visibilio dei segni e dei tocchi coloristici, la propria vocazione all’essere e al farsi pittura. E’ un mondo già visto per amore di pittura che nella pittura si conferma e dice, pronuncia,la sua fisicità nominale,il suo diritto di rispondere all’immagine che vuole avere di sè. Siamo oltre il naturalismo,nel costrutto di un vedere significante e memore,che è,più del vedere ottico,un modo di assumere tutte le scelte fenomeniche e luminose che operano nell’animosità e nel traffico atmosferico e segnico del quadro,a indizio della sua continua germinazione. Ci riferiamo in particolare a opere quali “nella strada” ,”ragazza che si lava”, ”Malgrate” ,”Montalone” tra le più belle. Meraviglierà,forse solo per la prepotenza con cui vuole essere riconosciuta,la tenuta atemporale e persino acritica,di questo vero pittore, sempre sul rischio dello strafare che ne colma le tele o,a volte,sul filo dell’indagine penetrante che ne raggela l’ottica,fissandola in una precisione incantata. Nel freddo smalto degli orizzonti ridondano e allegano sorprendenti impasti verdi,celesti ,dorati, sul fitto disegno della luce che ampia e slarga le profondità,la svirgola di tratteggi boccioniani ,risalendo per origini più remote alle festonate radure silenti di Cèzanne.

Questo manierismo attivo che è nel frangente della romantica e romanzesca cultura figurativa di Paulo, nel suo saldo sommosso mestiere che gli fa ricevere l’ondata a pieno petto,col gusto e con la malizia di resisterle e di dominarla,è umanizzato e purificato dal disegno. Il disegno è il vero liberatore dell’anima,della mano e degli occhi di Paulo,l’unico che veramente lo porti fuori di lui, nella scoperta della sua avventura visiva e fenomenica,lasciandogli fra le mani il filo e la memoria dello spazio che gli è intorno,nel bagno coloristico e luminoso della pittura sua.

Dai paesaggi, ai ritratti, agli autoritratti,da “Rassina” a “ rocce della Verna”, per citare due dei paesaggi più belli e esemplari per smalto e per consistenza tonale, al ritratto di Maria Celeste Ruspoli e de”il filosofo”,alle composizioni a due figure,da “aria pura” al fluido pittoricissimo “ nel Messico”, denso di impasti e di echi freddi,a“naturaviva”, al“ritratto di Oscar” chitarrista, figlio del maestro,a “ragazze”, all’incantata e turchese “Priscilla”,nel filtro e nella luce di uno dei boschi più incantati dipinti da Paulo. Voglio ricordare alcune opere di Paulo rivelatrici di quale e quanta libera e liberante iniziativa l’esperienza possa investirlo,sino alle soglie della più attuale ideazione coloristica: intendo opere come “Emilio” e “ nel deserto di Palm Spring” ,una composizione “sosta all’ombra” ,il bellissimo”luce e ombra” che sarebbe piaciuto a Derain,un ritratto “il Signor Neri”.

Incantato,drammatico ottocentesco, novecentesco,e nomi tanti,che sono stati fatti per lui,dal Pontormo al Signorini,dal Boldini,per gli eccezionali mondani ritratti,a Boccioni,che vuol dire?.. che Paulo Ghiglia divaga per quanto è bravo e padrone di un mestiere suo che gli permette d’essere tutto quello che fa? Siamo ,credo, al contrario, alle prese con un uomo e con un artista che non si arrende alle definizioni che potrebbe cercare e ottenere, sorprendendo sempre se stesso nell’atto del dipingere: e mai accademia,pur nobile e raffinata che gli indichi un modo polemico di arrogarsi un astratto contento del “sapere”,(il saper disegnare ,il saper dipingere e così via): mai autodidattismo,pur generoso, che gli indichi un modo altrettanto polemico di dirsi scontento o disordinatamente picaresco e romantico. Al confronto,Paulo sa qualificarsi con ironia, signore e padrone di sé,come,nell’accostarsi alla grande tela che campeggia sulla parete dello studio, una tela già conosciuta “la contestazione”, egli si indica, più che indicarli a noi,i pochi punti di arrivo e i molti punti di partenza dai quali dovrà riprendere il lavoro,un lavoro mai finito,e non solo per l’impegno compositivo e visionario dell’opera,quanto per le continue osservazioni che egli va compiendo, per la strada,e ovunque si trovi, nello studiare il comportamento e l’andare camminando dei giovani,ragazzi e ragazze,e il loro riflettersi,il loro echeggiare nelle vetrine,tra dissolvenze e concrezioni nel segno,della forma,del colore: perché la pittura sia pittura,e non andante approssimazione illustrativa o cronaca. Al fondo, c’è la grande fede di Paulo Ghiglia nel proporsi le proprie difficoltà per vincerle, perché l’ambizione del far grande non sia mai l’esagerata proposta di ingrandire una scena o una “cosa vista”. Non sbaglieremo e non esagereremo, dunque, nemmeno nel riconoscere cha a Paulo va resa giustizia, e da parte dei critici e degli studiosi più difficili e differenti che possano avere in sospetto la sua mano e i suoi occhi fertili. Non sarà certo il successo a togliergli il piacere di mettersi in gioco : ne è da dubitare quanto alla “piacevolezza” della sua pittura,messa alla prova sempre da altrettanto scorbutico“ antigrazioso”,per dirla con una parola cara ai metafisici. Paulo,è,nella generica confusione commerciale della pittura di oggi,un artista che ha committenti e amatori qualificati,Non è poco, per testimoniare che egli,da buon pittore,segna il tempo con la sua presenza e alla fine ottiene tutto quello che dà.

Da ritratti allo specchio,Paulo racconta sul servizio di Alfonso Gatto:

Ho conosciuto Alfonso Gatto,che per il Poliedro voleva scrivere su di me. Venne al mio studio, ricordo quella sua bella testa con gli occhi azzurri ,pieni di luce, lui parlò pochissimo ..ma parlai tanto io..di Parigi, della pittura, ero scatenato.. parlavo e parlavo,lui rimaneva in silenzio ascoltandomi ,assentiva ogni tanto con un cenno della testa, dandomi delle grandi e profonde occhiate. Vide quadri, cataloghi e disegni .Infine mi strinse la mano e disse: scrivo su di lei. Gli risposi: Lei è un grande poeta,conosco la sua poesia, però scriva se vuole scrivere,sinceramente, altrimenti non lo faccia, solo se è convinto..Scrisse .Provai molto piacere. Il suo pezzo mi è caro, ha saputo cogliere l’essenza della mia pittura . Ho avuto la sensazione nel suo articolo che sia riuscito a rivelare un lato di me che non era molto chiaro.

1974262* Roma,Il Poliedro, numero 7-8 luglio-agosto, con testo di Alberto Bevilacqua;PAULO GHIGLIA. Un articolo con riproduzione a piena pagina in copertina e all’interno.

il testo:Pittore di stirpe,Paulo Ghiglia,ha avuto,o avrebbe dovuto avere,il maestro in casa. Ha prevalso,tuttavia,il complesso di Bruto. Forse non lo sa,e cerca di convincersi che non sia così,ma parricidio artisticamente è avvenuto. Nel modo in cui si consuma un delitto (anche nelle idee e degli estri) Voglio dire:con estremo sudore filiale. Senza alcun metaforico grido. Per usare un riferimento cinematografico il pugnale,nel nostro caso è stato il P.P (o il P.P.P) che ha cancellato violentemente, nell’inquadratura dell’autore,il totale macchiaiolo amato dal padre. Un Primo,un Primissimo Piano che hanno la sapienza di cogliere il tutto con un profilo, uno sguardo,e di restituircelo dal quadro: ecco la sapienza di Ghiglia: Un senso cosmico di morte,un cosmico timore che una felicità finisca,la grande parata della burla e della denigrazione. Basta un viso.

E il ristretto-in questa sua funzione allusiva,che ci costringe a vedere soprattutto ciò che non è raffigurato- si libera della matrice da cui spesso nasce-. Ghiglia detesta il regionalismo coloristico che affascinava la sua stirpe. Così come rifugge da quanto si dà una data,un luogo. Egli sceglie la condizione dell’essere: autonoma,senza obblighi d’identità specifica, a cifre,in cui l’essere debba riconoscersi.

Anche il colore di Ghiglia è quello intermedio:direi delle ore sospese.Tra giorno e notte. E tra altri opposti estremi:l’azione,l’immobilità,se no l’impassibilità. Il dolore e il contrario. Il grido e il silenzio. Del padre gli è rimasta la passione,da mano sinistra( ma in questi casi Paulo sembra mancino) del disegno. Cos’è ,per lui,la matita?. Un capriccio?.Un’eccezione alle regole? O piuttosto un rimorso verso il padre?Strano destino.

Paulo,così individualista da cercare l’alter ego nel ritratto,nella posa(in cui,in fondo,specchia se stesso) ha un albero genealogico sia alle spalle che ai lati:i fratelli:E Parigi,sua città del piccolo esilio,era già stata una delle capitali paterne. Non può essere sua. Se ne libera,infatti. Riesce a tagliar netto, a fare ritorno. Brucia l’euforia parigina,con il suo mucchio retorico nel falò neroniano(ma con carillon) della Roma di Petrolini:l’artista gemello da cui impara il sarcasmo. Eccolo,il vero padre,Petrolini. Maestro,non di vita,ma di sberleffo alla vita: Petrolini che gli parla affinchè la sue parole diventino tocchi di colore( e pregevolissimo resterà quel ritratto di Paulo a Ettore,il quale pare stupirsi di se e del pittore che lo sta raffigurando ,sul punto di dire:- Ma come?.Ti stai sbagliando. Stai dipingendo me e non le mie parole,le mie smorfie!Attento)

Si è chiamato in causa un nuovo impressionismo. Ma è esatto?Può esserci un impressionista(nuovo o vecchio) dove c’è irrisione del reale,assoluta mancanza del senso miracolistico della fisionomia?

Anche quando il reale sembra essere messo in bella copia nella tela, e noi, sulle prime,pronti a dubitare,se la copia non fosse intenzionalmente troppo bella per essere copia? E’ il mestiere troppo involontario per essere in malafede? Può essere impressionista(nuovo o vecchio) chi rifiuta aggressivamente il culto della visione, sostituendolo con quello del carattere; costringendo ogni quadro a passare attraverso la costante presenza di un autoritratto umorale,dubbioso,pronto a esaltarsi come a soffrire d’essere reietto?

Certo, Ghiglia si Presta,in nome dei suoi umori fin troppo ricchi,a scelte drastiche, a ciò che viene prediletto e respinto. Chi ama la misteriosa tendenza ad avvolgere il dolore, nella sua fisicità, intorno ad un perno-figura,come nelle trecciaiole,non può non mettere da parte la staticità elefantiaca di Rassina o il lumeggiare più in bravura che in grazia di certi interni (di case o di stalle).Ma pochi come lui, sanno evocare un profilo. Non da intendersi come insieme di un volto o di una cosa, ma in sé,linea tracciata a sfidare il nulla e dissolverlo restandovi sorpresa con il suo pressoché nulla.Questo suo profilo forma della natura è dato sulla tela o sul foglio come un emozione ,subito mutilato, costretto,amputato,dalla voglia di dire ancora:così che lo sforzo riduttivo operato sul proprio temperamento al fine di ottenere che la linea permanga sospesa e solitaria come una lucertola sul bianco muro dell’estate,breve segno a compendio di tutta una stagione,battere il cuore più ancora che corpo,ad assorbire sole e calura-questo sforzo,dico,colma di sé lo spazio rimasto intatto, e vi sta come un grido a bocca spalancata,ma senza suono di un muto. Ecco ciò che mi piace di Ghiglia:Il cercare,si,le strutture morali dell’uomo, ma affidarle a qualcosa di estraneo alla ragione,senza esplicarle: anche se nasce un ritratto. Dimenticarsele .Dare, forse, il quadro come non risolto,da buttare. Per accorgersi,dopo qualche tempo, che è esattamente il contrario. Con quale esattezza,allora,io riesco a vedere un uccello che canta,la sua posizione sul ramo,oppure un viso che fissa un punto,dalla semplicissima linea di un albero ,o da una guancia spuntata da un’ombra che pare senza tempo e senza necessità. E poi, di Ghiglia ,amo i celesti e i verdi. Mi danno idea di una durata irreale,com’è dei colori della mia infanzia,vaganti su qualcosa che non ricordo più;e lunghi anni mi restano affidati soltanto a quell’andare di celesti e verdi contro di me (o il contrario).Nel celeste e nel verde di Ghiglia mi pare ci sia,insomma,più che in ogni altro colore,l’attesa delle cose che credo sia il suo vero tema(tema , mai tesi da sviluppare: uno scopo risaputo,eppure ogni volta felicemente casuale).Riprodurre ,per Ghiglia, non significa ciò che forma la premessa del riprodotto.

Nemmeno il ritratto si esaurisce in quell’esserci esibito su un piatto:Rimanda come a un secondo ritratto che non c’è(e si ha l’impressione che sia stato tagliato via da un dipinto più grande). Resta, perciò,un dialogo d’attesa più ancora che nell’attesa di un dialogo. Guarda ad un interlocutore che potrebbe essere sul punto d’arrivare o appena partito dall’appuntamento. Sta in attesa-pronto pronto a incontrarsi e a parlare- anche l’Emilio sotto l’ombrello , nel quadro di Ghiglia che prediligo: povero pagliaccio o sublime pellegrino che, per occhio superficiale, dovrebbe suggerire la conclusione più amata della solitudine. Ma nelle attese di Ghiglia qual è il punto? Il dubbio? La pace? Una sfida eretica al prossimo? Direi l’orgoglio di sapersi mettere da parte,un poco,un momento, dagli affari del mondo, secondo abitudini di provincia, quando ci si apparta in un caffè. E allora basta il girarsi di una testa per accorgersi che le ombre sono diventate più lunghe. Che una stagione, la più bella, è finita.

P.G da ritratti allo specchio :”uno scrittore che mi piace moltissimo è Alberto Bevilacqua perché veramente rappresenta questo tempo con la sua letteratura. I libri che ho letto mi sono piaciuti perché sento che egli rinnova la letteratura con la sua franchezza , spregiudicatezza,con una sua sintesi. Ha un modo particolare di scrivere. La sua conversazione è altrettanto avvincente: Bevilacqua venne nel mio studio per parlare di San Francesco, dovevamo fare un lavoro insieme, lui voleva scrivere un libro sul Santo, io avrei inserito i miei disegni e quadri sullo stesso.

Gli feci vedere schizzi e progetti di dipinti che stavo per realizzare, mi dette anche dei consigli “ io farei Francesco in solitudine, Francesco è disperato”. Io avevo una visione diversa dalla sua. Il libro non andò avanti ma scrisse un articolo molto interessante che venne pubblicato in esclusiva sul Poliedro di Calabrese . Lui non si occupò di me come critico d’arte ma da scrittore, egli parlando della mia arte vedeva i miei quadri con un senso nuovo, poetico, originale.”

P.G daRitratti allo specchio

“ ho conosciuto anche Virgilio Lilli, mi è apparso come un uomo semplice, aveva la semplicità dei grandi uomini, non ho avuto il tempo di conoscerlo meglio, perché la morte lo ha portato via. Dall’articolo che mi ha scritto Lilli è un uomo che mi ha capito e conosciuto bene , io invece non ho conosciuto bene lui. Ciò che ha scritto è stata una rivelazione per me,col suo timbro personale,con la sua attenzione, con la sua purezza è riuscito ad analizzare alcune componenti della mia pittura.

1974263* Roma,Il Poliedro, numero 9-10 settembre-ottobre, con testo di Michele Calabrese:PAULO GHIGLIA. articolo con riproduzioni a piena pagina a Paulo.

il testo di Michele Calabrese:

Paulo Ghiglia è il contrario della sua pittura. Silenziosa e mite,questa,spigoloso e irruento,lui. Ma sempre signore e sempre pronto a tendere una mano. A una attenta indagine,come più estesamente ha detto Alberto Bevilacqua nel precedente numero,non potremmo (forse non dovremmo neppure)dire cosa sia il disegno ,o il colore. Avviene ch’egli faccia tutto e il contrario di tutto. Che si accenda come un incendio di proporzioni catastrofiche e si spenga quindi nel languore opaco delle mezze tinte.

Genio e sregolatezza ? Non direi. Piuttosto desiderio innato, e sfrenato di distruggere tutto in un pianeta di esperienza dietro di sé. Milano,via. Parigi,via. Roma,via. La Verna,via. Che rimane? Rimane esattamente Paulo Ghiglia con la sua spiccata naturale tendenza ”ad avvolgere ogni cosa nel suo oblio”. Mai a distruggere totalmente,però,perché quel che è fatto rimane:le dieux s’en vont.Le scelte sono umorali ma sono anche nette,decise ,nitide: Per Ghiglia non è poi tanto importante la compiuta realizzazione dell’opera ,quanto l’incertezza che lo induce spesso a dubitare e la voglia insinuante che, forse, lo porterebbe a distruggere tele e trespoli con una di quelle(sue) impennata simili alle ire degli dei mitologici se poi” il folletto” che sia gita in lui(reminescenze socratiche?)non lo restituisse a un fraseggio motorio più duttile. Pure, nelle pieghe incerte e appena agitate dalle temperie di una personalità forte ed estroversa, i paesaggi del Ghiglia planano dolcemente su scenari idilliaci ove ogni frammento di realtà incupisce in una pace georgica-Virgilio,in uno di questi contesti avrebbe potuto trarre la sua più genuina ispirazione rubando lo zampillo alla fonte di un’acqua sorgiva salubre e miracolosa.Ogni quadro del Ghiglia è un miracolo. Di colori, toni,sfumature,mezze tinte, impasti,contrasti, assonanze e incongruenze che gridano. Si guardi però a un suo ritratto femminile ed allora sentirete incalzare il verso del poeta mantovano: vera incessu patuit Dea.

1974264*Bolaffiarte,Artisti della toscana 1974,Tommaso Paloscia ,pag 267.

Il Testo:Paulo Ghiglia crede nella sua arte, fede profonda che gli permette di essere nuovo ogni qualvolta si avvicina il suo ideale avente radici in Piero della Francesca,Masaccio,Rembrandt; crede molto nella vita umana che muta col tempo ma che è nutrimento costante dell’arte: argomento sempre nuovo anche se il più antico Ghiglia è ritrattista di razza. Le osservazioni pazienti e silenziose dei volti espressivi di personaggi notissimi della cultura e dell’arte(che si radunavano nella casa paterna in lunghi conversari ai quali il giovane Paulo assisteva in religioso mutismo)sono alla base della sua lunga esperienza pittorica ancora oggi. Le composizioni di genere, le pitture sacre,si articolano inconsapevolmente in volti in posa che richiamano alla memoria i contadini della Verna o i diseredati sotto i ponti della Senna nelle dolorose esperienze parigine del pittore. Sono volti,comunque. Spingerla oltre la mano di Ghiglia è sacrilegio. Un ritrattista non è un pittore limitato. Tutt’altro. E’ vero che la vita di giramondo ha lasciato sedimenti su questa pittura,Si e’ parlato di Boccioni,di Segantini. Ed è anche probabile che tutto questo risponda al vero: ma l’anima di Ghiglia è e rimane toscana, e di tanto in tanto,quando i sedimenti si appesantiscono,il pittore ama curare radicalmente la sua pittura con tuffi salutari nell’aria pungente della verna o nel salmastro portato dal libeccio fra le strade della vecchia Livorno. E’ in questo ritorno alla toscana, alla cultura degli avi, si riaccendono forma e colore della cinquantenaria pittura di Paulo Ghiglia.

1974265*circa, Roma –illustrazione del libro di poesie “Scala Cromatica”di Mario Giordano a cura edizioni Lo Faro con riproduzioni di Ghiglia :disegno in copertina,all’interno il ritratto dell’autore ,chiesetta di campagna,autunno ..un disegno di.. “aereo pittura” con rondini, tramonto e paesaggio, San Francesco.

43/1974, Arezzo, mostra Contemporarte

1974266* Roma,(data sconosciuta) il Corriere di Roma:Un maestro dell’arte moderna. Bel servizio di A.T.P

1974266bis*Torino,Catalogo arte moderna BOLAFFI n10 ,P.GHIGLIA pag147.

1975, Roma, 28 febbraio, Rai II canale servizio televisivo “ come si esegue un ritratto”di Paulo Ghiglia” a cura di Franco Simongini

1975 268*,Roma,Il Poliedro n.1-2-3 servizio su P.G con testi di Salvato Cappelli e Marzio Bellacci

44/1975 Assisi –aprile-maggio ,Basilica di San Francesco. Mostra il Francescanesimo di Paulo Ghiglia, Sala gotica.

1975267*Assisi, catalogo della Mostra di P.G “ Il Francescanesimo di P.G , testo di Salvato Cappelli

Nel catalogo della mostra del “ Francescanesimo di Paulo Ghiglia” vengono riportati stralci di articoli di presentazioni precedenti di:

Toni Bonavita , “.. le grandi composizioni che Ghiglia sta affrontando in questo momento hanno forse bisogno di una parola definitiva: Quando un artista è arrivato ad affrontare i grandi spazi sente la voglia di scaricare in essi tutti i sentimenti. Possiamo dire che egli stesso rimane atterrito e sommerso dalla sua opera: E’ qui che i maestri del 500 toscano diventano per Ghiglia il termine di paragone e sembra che temendone il confronto cerchi tecniche e forme e anche materiali diversi..

Mario Giordano:Paulo Ghiglia,lavora con quel lucido presentimento dei geni che secondo una logica di relazione interpretano il mandato ricevuto dall’alto,come un grosso debito verso l’umanità.

E ancora un testo di Valerio Mariani,di Indro Montanelli,di Paloscia,di Pestellini, Alfonso Gatto, Michele Calabrese, Bevilacqua.

quello di Francesco Pattarino:inun colloquio precedente con Paulo scrive:

Mi squadra con le sue pupille attente, e poi si rivela “si, è certo:oltre al ritratto stò pensando e stò lavorando a grandi quadri” La Contestazione? No,non è contestazione, anche se vuol essere protesta,d’altro genere di quella odierna,perché non è interessata alla politica,ne la politica mi interessa.E’ resurrezione. Io non ammetto altra protesta che quella di ritrovare Cristo e questo è per me quello che conta” In queste grandi composizioni l’artista continua la sua opera di ricerca, di interpretazione, talvolta anche in fase polemica, ma ben chiaro rimane lo scopo.

Claudia Pierallini: ..la sua pennellata che nella lunga ed intensa attività ha acquistato sicurezza e scioltezza straordinaria, si è fatta nervosa, concitata. Ora si contrae nella macchia ora si distende in stesure lunghe, che si incalzano con ritmo ascendente come le note di una sinfonia, che plasmano i volumi, costruiscono forme, creano l’impianto dell’opera,fatto di limpide strutture e di corrispondenza. E’ sempre l’ansia di far presto, quasi che la nevrosi, il ritmo incalzante della vita d’oggi abbia contagiato anche questo grande, forse il più grande, “impressionista” dei nostri tempi

Bruno Morini: ..Ma il nucleo della mostra è costituito dai quadri delle figure di Paulo di sempre,del Ghiglia classico, macchiaolo e fin troppo bravo, formatosi all’ombra di Masaccio e Piero, di Fattori e di Signorini, pieno di Pittura, con la “P” maiuscola, come una bottiglia può essere piena di vino buono, di quello che conserva il sapore e la forza di tutto ciò che ha contribuito a crearlo. Tal quale la tavolozza di questo Pittore di antica stirpe,in cui sono palesi le tracce dei grandi maestri d’altri secoli che l’hanno nutrita.

Italo Carlo Sesti: .. C’impressiona, e ci trova quasi piacevolmente attoniti,il rigore morale del Ghiglia, mai preda di facili entusiasmi,mai pronto a cristallizzarsi,in nessuno schema retorico, mai vinto dai fumi dell’oppio della sua popolarità, mai pago di niente, mai adagiato in molli decadimenti estetici, che pur la sua ormai affinatissima tecnica artistica avrebbe permesso di ammantare di seducenti, se pur false, attrattive, e che il suo successo avrebbe senz’altro garantito di sicura approvazione.

Mario Zanieri: Ghiglia,un uomo forte, quanto generoso. Onesto quanto laborioso, è oggi preso in grande considerazione da critici e collezionisti, è richiesto nelle gallerie.. è stato scoperto. E’ quanto meno potesse capitare ad un’artista che ha dedicato tutta la sua vita alla Pittura.Si accosta a tanti grandi maestri del passato; poi gli si riconosce uno stile proprio: E’ come la sua vita singolare, specchiata,trasparente; isolato ma pienamente immerso nel progresso e fra la gente. Paulo è riuscito a far conoscere ed apprezzare la sua Pittura nel tempo da solo, senza mercanti; e per questo è rimasto estraneo alle stravaganze del momento, la sua di conseguenza è una Pittura che sgorga diretta, come lui la sente, non come il manierismo di modo richiede Questa è la forza; come lo è Ghiglia artista e Pittore.

A questo punto è doveroso trascrivere il testo di Salvato Cappelli che per questa esposizione ha messo anima e corpo,passione e convincimento, per la riuscita della stessa.

“ Se non fosse datato e sottoscritto toscano come in un atto notarile, Paulo Ghiglia non avrebbe ne patria nè età. Certo,il suo ambiente naturale sarebbe egualmente quel triangolo, che dal vertice di Piazza del Popolo, allargandosi per Margutta e Ripetta traccia, tra Piazza di Spagna e il fiume, il confine di quella città-stato che da secoli è il punto d’arrivo, in Occidente, per gli artisti di casa e per quelli transfughi dai propri paesi; ma la sua destinazione vera,data l’universalità del linguaggio pittorico, resterebbe comunque sia il mondo.In più, causa l’eredità toscana, Ghiglia è il portatore di quella misteriosa misura dell’uomo che restituì all’arte, dopo i greci, la devozione della forma compiuta, il piacere dell’invenzione fisiognomica (l’arte di conoscere il carattere dai lineamenti), la capacità di reperire, quasi d’improvviso, ciò che rende differente l’uomo dagli uomini.

Non per nulla ,Paulo è il più famoso ritrattista italiano vivente. Nessun artista capolavora tutti i giorni(il mestiere, d’altronde,non è una frangia dell’arte, ma una seconda natura costruttiva che condiziona quella primaria creatrice,e che subentra allora che la delusione interrompe l’impeto che dal nulla trasferisce “vera” un’immagine altrimenti insistente); ma nelle opere dove la felicità di essere se stesso,libero persino dalle proprie idee, gli consente la predilezione di essere Unico, un “relais” isolato nel generale contesto vitale, Ghiglia propone una bellezza oltre canone, che per natura sua non è copia conforme di nessun’altra. In quell’essere artista salvo da ogni condizionamento, egli assume in sé una libertà totale; stato psichico che tiene poco conto della cultura nel senso di un complesso di tradizioni e conoscenze ed esperienze, na che conferma l’intuizione che da quando i pittori griffavano segni esterni nelle caverne-chiese di epoche senza storia,ogni artista ogni artista è il testimone della verità invisibile che “ regge il sole ele altre stelle”, e insieme, governa il divenire dell’uomo.La poesia e la pittura ne intendono più di ogni altra arte,l’arcanità : Ma se l’artista non è libero dentro ( e ciò spieghi l’appunto sulla sua vocazione , quando occorra, a prescindere dalle idee per addivenire cosa fra le cose, a dirla con Plotino) quanto egli esprime non è che l’alibi e il pretesto per ricerche di gusto e, opinabilmente, di contenuto; il che fa differenza e delimita la sfera dei suoi interessi nell’occasione e nell’effimero.

La misura dell’uomo non è soltanto esercizio della filosofia; ma se l’immagine umana è perfettissima ) ( è da rievocarsi, per pura informazione,il patema d’animo di una teologia che secoli or sono non si capacitava della sussistenza, nel corpo umano e quindi indizio di impercettibilità i pittori ne sono i poeti e gli interpreti .L’uomo è umano e divino,come il Cristo, seppure nell’ordine e nel grado dissimile; quindi, l’umanità temporale della creatura è tradotta dalla pittura e dalla scultura nella ineffabile dimensione sua come nessun’altra arte lo può.

La protezione della sostanza è già forma. Paulo Ghiglia, e qui il discorso si attiene alla premessa, è, come altre volte dimostrato, un pittore che “prende” la forma delle cose con una voracità creativa disueta nella pittura moderna. In questo “prendere”, consiste l’origine di una evoluzione che coinvolge molte sue inquietudini personali, compresa quella di una ascesi mistica che rifiutata dalla sua ragione, egualmente lievita attraverso quel bisogno di soddisfare le sue curiosità, fondamento stesso dell’emozione creativa. Il modulo primo è ancora l’esame dell’immagine: dipingere uomini e donne, trarne i tempi e i valori fisiognomici allo di quadrimensionale il modellato; ma con una variazione profonda: l’uomo comune non gli basta più, a Paulo , e pertanto sogna grande, sceglie altri soggetti, quelli solenni e stupendi per antichissima, archetipa soggezione: infine compiendo una osmosi di spazi e tempi in un pan cromatismo di luci che trapassano cosmiche in una atmosfera di giudizio universale, di reincarnazioni e di resuscitazioni: in questo comporsi e scomporsi delle cose nelle cose, del vero nell’oltre vero.

Ghiglia non controlla con il mestiere neppure tele e colori, il disegno e la prospettiva:qualcosa,una potentissima forza,gli ha preso la mano e (lui dice di no)il cuore. Il clima creativo,psichico non pittorico, è più o meno quello dell’Angelico allora che si inabissava nel trasecolato incantamento dei suoi paradisi:un turbamento che prevede la scoperta di Dio a livello dell’inconscio, dell’indistinto.E l’inconscio non mente mai. Dalla figura umana propriamente detta e intesa, limitata,univoca,Paulo Ghiglia trapassa,così, alla forma complessa, immensa, irriducibile in una sintesi, del divino come l’intende l’uomo. Nel settimo cielo che Ghiglia ha avvolto intorno ai dodici reclini su Gesù,non esiste, dominante,che l’impronta oserei dire sindonica,il calco di una luce che trasfigura l’ultimo incontro terreno in un primo appuntamento nell’infinito. E’un quadro crepacuore: il segno è travolto da una tenerezza di irrealtà alla quale i Tredici già s’accanivano. La scrittura del colore è pallida, madreperlacea:quel quadro è il Testamento,una assoluta irrevocabilità. Non occorre altro per risentire la eco di una voce che ancora oggi parla infaticabilmente anche a quelli che non l’ascoltano. E’ possibile,per chi lo può, intravedere come apparirà fra un millennio la Testimonianza di quell’ultima sera di millenovecentotrentotto,circa, anni fa:allora che la patina del Tremila l’avrà resa occulta,e i volti rugosi nelle crepe della tela, saranno più stanchi. Simboli sottratti dal pittore al nulla,ormai disceso su quei corpi di “ c’era una volta”, essi nuovamente comproveranno che la fede ha necessità dell’arte per rimanere carnale, accettabile dall’uomo.

E’ evidente che a Paulo Ghiglia è avvenuto di incontrare Dio da lui “fatto” persona, e pertanto di renderlo accessibile alla sua ragione e di riflesso alla nostra.

Nella deposizione(era venerdì all’imbrunire,la Parasceve che anticipa la pace del sabato,era sul finire: Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo si affrettavano a togliere il corpo morto da tre ore,dalla croce, l’artista è affascinato di come i chiodi siano stati strappati dalle mani e dai piedi.Una luce di catastrofe,bianca e nera,esplode nel buio totale dell’orizzonte: e due ombre chine,sembrano fondersi in una spirale di vento e di nebbie. Il grande quadro è sconvolto da una emozione di morte che fa male: non c’è luce sul modo, e non è pensiero religioso.Il crepuscolo è fermo,non riflette nessuna luce.Ghiglia ha saputo cancellarla completamente,tuttavia bruciandone i residui sul patibolo così immenso da squartare l’universo. Una natura bidimensionale, quasi inesistente,domina d’immensità quell’Uomo solo: Soltanto il canto dell’organo può accompagnarne la visione. La natura: ecco la consanguineità che Ghiglia costantemente impone alle sue immagini: Francesco ,il Santo dell’acqua e dell’aria,in prospettiva un albero, Ghiglia lo fa nascere,fermentare quasi,da una radice , si diffonde dalla terra al cielo: In quel quadro illimite,nulla coincide ma tutto confluisce: raramente disegno psicologico fu più grandioso e gaudioso. La campagna, è come il coro nelle tragedie greche,parte e tutto dell’opera : e così il bosco e la radura,l’uomo stalattite e stalagmite,voci incredibili,assonanze segrete,la pace vibrante dei momenti sospesi nell’attesa,l’ansito degli animali,le gemme in rigoglio.

Un drammatico e pacifico mattino di primavera,la letizia di un incredibile amore: tutto è in via di nascimento in un respiro d’aria lieve e d’oro. L’Ordine minore mai è stato descritto in tal modo: si sentono perfino i suoni del sottobosco,le nenie in quell’italiano delle origini, le preghiere pregate nel corso dell’unica marcia su Roma che il cristianesimo, dopo le grandi persecuzioni diocleziane,abbia compiuto e completato con una conquista di incalcolabile valore spirituale:il “placet” della corte romana alla rivoluzione dei poverelli di frate Francesco.

Resurrezione,tuttora in officina, è l’ultimo ,in ordine di tempo, dei grandi pannelli di Paulo Ghiglia. Disegnato e dipinto a dismisura,polemicamente dimentico del clima ovvio della Resurrezione. Cristo lì non c’è; ma la gente che vortica in quella breve strada moderna di periferia,se non avesse quell’anelito,quel brivido di speranza in lui, sarebbe tale a un gregge. Persino il lirismo didascalico tipico dei quadri d’insieme, qui lascia posto allo scorrere astratto,sensitivo,dei pensieri, delle idee, delle delusioni dell’uomo non più Sapiens ma Faber. Cento ritratti, una furia che solamente l’affresco potrebbe contenere,ma che tuttavia Ghiglia raffrena e sublima un miraggio che anticipa domani; allorchè a credere in qualche cosa,almeno in se stessi, sarà resurrezione,non soltanto dell’individuo, ma della sua società e della sua civiltà-

Da – ritratti allo specchio-,Paulo su Francesco

“ Oggi non immagino un uomo che,per la strada,predica la povertà,la sofferenza eppure sento Francesco come una manifestazione di oggi. Un giovane che ha la pazzia della contentezza,che vuole gli uomini contenti a qualunque modo: senza pane,senza ricchezza,senza nome, nel dolore; è un bel dire!Lui sa che la felicità non si trova, è inutile andarla a cercare,non si può comprare, nessuno ti regalerà un bel pacco con dentro la felicità. Importante è sentirla nell’aria. Francesco si è privato di tutto e ha iniziato a vivere, è al sicuro,è un uomo di grande profondità. Questo è per me San Francesco. Credere nell’arte è come credere in Dio,l’artista è un mistico,vive della sua arte,con la sua arte,per la sua arte. Francesco credeva in Dio ,io credo perché l’arte e una forma di Dio. L’arte è la religione per l’artista.”

Assisi,RAI,Servizio di Franco Simongini con intervista a Ghiglia sulla mostra.

Epoca268* 10.05.1975 , la mostra ad Assisi su San Francesco di Paulo Ghiglia “sarà aperta fino al 30 , sono esposte 35 opere. Dal 3 giugno una antologica di Alberto Burri negli stessi locali”.

Epoca268bis10.05.1975.Servizio su Marisa Bartoli recentemente ritratta da Paulo Ghiglia:L’adorabile Marisa:il pennello di Paulo Ghiglia sta rendendo giustizia alla bellezza di Marisa Bartoli, la l’attrice triestina .. seguono foto nel servizio.

ROMA,26 maggio, RADIOCORRIERE,pagina 46,intervista a P.GH, a cura di Agostino Ghilardi, per il servizio televisivo da “ immagini dal mondo” con foto P.GH . Simongini e Zanieri

1975269*,Roma ,Il Poliedro numero 3-4-5 ,”Le cronache di Paulo Ghiglia” di Ugo Franzolin,pubblicato anche il ritratto ai Giorgio Albertazzi nello speciale festival di Spoleto.

1975270* Roma,Il Poliedro, numero 6-7-8,giugno ,luglio agosto settembre,di Gian Carlo Fusco:PAULO GHIGLIA. “L’Interiorità sconfinata malgrado l’angusto spazio dell’abitacolo anatomico”

Il poeta parigino Francis Carco ( che ,in realtà si chiamava Francesco Carcopino-Tusoli ed era nato in Nuova Caledonia da un avventuroso padre calabro)era molto scettico nei confronti degli scrittori che proseggiavano sull’opera dei pittori“ i casi sono due,diceva ,o se ne intendono(sul serio) e allora si trasformano, momentaneamente,in veri e propri critici d’arte, in tecnici impegnati ad emettere un giudizio. O non se ne intendono( ed perlopiù è così) e allora i quadri sono soltanto un pretesto per esibire,una volta di più, i loro talenti letterari. Si comportano in sostanza come i tenori. Per i quali la musica è soltanto il veicolo indispensabile al bel canto”

Mi sembra proprio che quel calabrese di Montparnasse fosse nel giusto. Finchè la pittura parlò chiaramente alla gente,col proprio linguaggio visivo,le servivano soltanto gli scritti critici. Tecnicamente ferrati.

Indicativi delle materie, delle parentele artistiche, della collocazione per così dire sematica, delle probabili metamorfosi ed evoluzioni. E solo quando la pittura, anzichè comunicare,entrò,in rapido crescendo, attraverso tutte le sperimentazioni e gli “ismi” possibili,nella fase subconscia” oggi predominante; solo allora,le fecero gioco gli involucri verbali, gli sviluppi letterari,le integrazioni liriche, fantastiche,allusive e aggettivali, sciorinate dagli scrittori. Inermi per giudicare. Ma in vena di passeggiare fra i quadri o addirittura “in“ un quadro. Mentre il pittore nicchia,diciamo la verità. Quante volte,oggigiorno, tantissimi pittori aspettano che arrivi uno scrittore a dare un significato qualsiasi a ciò che hanno dipinto! Premessa lunga. Ma per Enrico IV valeva bene una messa!,un discorso un po’ sensato per Paulo Ghiglia,o, più modestamente “ du cote de chez Ghiglia”, val bene una premessa. Necessaria a stabilire, in partenza,che la mia competenza artistica è troppo superficiale e denutrita, perché questo mio scritto possa esprimere una valutazione critica sia pure generica. E ciò precisato,soggiungo subito che di tale mia insufficienza, tutto sommato, non mi dolgo. Perchè le cose che escono dalla “punzonatura creativa” di questo artista eccezionale,stilisticamente avventuroso, spesso straniero a se stesso, sono tali ch’egli si scrolla di dosso, con un’alzata di spalla e una ventata nei ciuffi, anche le analisi estetiche più accurate,impegnative e metodologicamente ” professionali”: Cari miei! Quando il critico arriva a tirare le prime somme, Ghiglia,spiegate le sue vele al maestrale di una nuova ispirazione,di un altro, urgente bisogno espressivo, di un’altra “cattura”, è già lontano.

E per riacciuffarlo,per indagarlo ulteriormente, in modo da includere nel discorso che lo riguarda anche la sua nuova esperienza, il critico deve variare, fulmineamente, la mira. La lunghezza d’onda. L’angolatura delle sue osservazioni. Altrimenti,si ritroverà fra le mani soltanto una delle pelli, una delle “mute” stagionali “ du grand serpent Ghiglia”. Ma il serpente,chissà dov’è. Chissà in che gioco di verdi smeraldini,di terre senesi o bruciate, di violetti,gialli ginestra,neri lionati e bianchi medusacei si va srotolando. O chissà in che umani connotati stà rintracciando febbribilmente se stesso! Ed ecco il senso e lo scopo di quell’insistita premessa. Partita dallo scetticismo di Francis Carco, per arrivare alla conclusione che la pittura “parlante” se ne frega delle parole,magari suggestive, con le quali un proseggiatore di mestiere,in occasionale sodalizio con l’artista , vorrebbe farle parlare.E i dipinti di Ghiglia sono parole,sensazioni, impressioni, convinzioni, anche opinioni e sentenze, spremute con la fretta e la violenza dell’estro, sulla tavolozza,sui pennelli, su quell’”espace à peintre”che, ancora prima di accogliere il primo sogno-parola, ha già le dimensioni del discorso visivo al quale è destinato. E che al compimento dell’opera risulterà altrettanto compiuto e comprensibile. Un San Francesco evocato da Ghiglia,diafano sotto un antico albero,mentre da “spirito” a un incantato giro di contadini ci dice, alla prima occhiata,tutto quello che ha, francescanamente, da dirci. E che confidò, in precedenza al pittore.

Allo stesso modo che questa Marisa Bartoli ( bella nel ritratto ghigliesco, com’è a conoscerla ,ma più preoccupante e intimamente tesa, perché il pittore l’ha frugata dentro) gli si confessò. Tacendo. Ma adattandosi, docilmente alla posa da lui studiata per facilitare la “cattura”. Ed è palese che se io, avventandomi su “madame Olivetti 82”, mi sforzassi di dire qualcosa in più che i due quadri già dicono, finirei col sovrapporre oscure croste di dizionario a un limpido ragionamento poetico. Il mio caro amico Salvatore Cappelli,abruzzese di becco fino,ha scritto, tempo fa che “ Ghiglia è il più famoso ritrattista italiano vivente” E’ vero. Ma con tutta l’affettuosa considerazione e ammirazione provo che l’autore del “ Diavolo Peter”,ho qualcosa da ridire. Notando,una volta di più,che la collocazione un po’ frettolosa e distorta delle parole,toglie smalto e ampiezza alla verità che pure esprimono. Infatti quel “ più famoso ritrattista italiano” ha un che di geograficamente peritoso. Mentre,a mio avviso, Ghiglia, per dargli quello che gli spetta,va definito” uno dei puù aggressivi,possessivi e smaglianti ritrattisti del mondo”.Lasciando perdere quel “ famoso” in quanto ,ai giorni nostri, non è quasi mai un fatto di qualità. E aggiungendo,al di fuori di ogni equivoco restrittivo, che si tratta di un italiano. Per fortuna delle nostre arti, quest’è certo. Ma non so fino a che punto per sua ventura. Non ha forse scritto Cappelli: “ se non fosse datato e sottoscritto italiano,come in un atto notarile,Ghiglia non avrebbe ne patria ne età”?.

Nessuna preoccupazione di tempo,cioè,e nessun vincolo nello spazio. Naturale! Il suo tempo scorre, scandito soltanto dai battiti del cuore, dal primo minuto vissuto sotto il mistero del cielo biblico,fino all’ultimo minuto che l’ultimo uomo vivrà sotto il cielo “ curvo” di Einstein. Il suo spazio è quell’” interiorità sconfinata nonostante l’angusto abitacolo anatomico” nella quale un vero artista, ancor più grande se grande come lui, ha le sue inesauribili riserve di bellezza,di emozioni poetiche e di travagliata creatività. Il suo sogno di perfezione disperatamente vano.

Paulo da ritratti allo specchio:

“ un amico a me caro è lo scrittore Giancarlo Fusco. Avevamo parlato e quasi deciso per un libro sulle scimmie, Fusco era adatto per scrivere di scimmie,è un uomo spiritoso, scrive con grinta,piglio e schiettezza e allo stesso tempo è divertente. Il libro non venne realizzato,ma tempo fa ebbi il piacere di essere intervistato in televisione da lui..condusse l’intervista in modo originale e simpatico. Anche lui ha scritto di me, ed è riuscito a “parlare di me lasciando da parte il mestiere”raccontando la mia pittura in modo veramente unico e sincero”

1975271*Cortina d’Ampezzo, Corso Italia,Galleria d’Arte Marini, un catalogo ritrovato dimostra la presenza di Paulo fra gli artisti della stessa galleria.

1975272*Firenze,Editore Nuova Europa,Enciclopedia d’Arte Contemporanea 1 volume “L’arte nel nudo” P.Ghiglia pag 158-159,261 di Gavino Colomo.

1975273*Roma,Editore Lofaro, Arteguida,dizionario universale annuale dell’arte contemporanea.n.2 dizionario annuale arte contemporanea.”ritratti allo specchio” un omaggio a tre grandi artisti con la riproduzione nella copertina opere di Paulo Ghiglia, Leonida Repaci, Pericle Fazzini. All’interno ampie presentazioni degli artisti .

1976274* ROMA ,IL BORGHESE ,25 gennaio, intervista a Paulo Ghiglia di Giorgio Pillon:bell’articolo di due pagine dove il Pillon “cerca di intervistare” Paulo.

1976275* Roma, Il poliedro, Paulo Ghiglia di Gian Carlo Fusco. Il testo riprodotto di Fusco, e la foto di Paulo con l’attrice Marisa Bartoli insieme al ritratto eseguito.

1976276*,Roma, Il Poliedro,La galleria d’arte Chariot una tradizione di buon gusto. Servizio con riproduzioni di fotogrammi delle inaugurazioni delle mostre alla galleria ,citate le mostre di Montanarini, Monachesi, Ghiglia; con riproduzioni anche di dipinti,

1976277*Roma,Ugo Moretti,”i dieci anni del poliedro”.Un libretto con le testimonianze dei collaboratori delle rivista e amici che “omaggiano” Michele Calabrese per il suo lavoro al Poliedro. Sono tutti presenti, con aneddoti e testimonianze che comprovano la grande, bella attività ed intuizione del Direttore. La copertina del libretto è illustrata da un autoritratto di Paulo.

1976 Roma, muore il 5,11 la moglie Giuliana Folena

Oscar, porta Paulo con se a Thaiti e tratto dagli scritti dello stesso : quando lo condussi a Tahiti, sull’orma di Paul Gauguin.

Questo fu un faticosissimo viaggio, attraverso l’Egitto e l’Asia, per la via più lunga e quasi senza sosta a parte il giorno passato in Nuova Caledonia, dove poté disegnare i più bei pesci tropicali nell’acquario locale…la stanchezza del lunghissimo viaggio, di cui la mia relativa giovinezza non risentì  gran ché, gli provocò la strana sensazione di non poter più maneggiare i pennelli (!) rendendogli necessario lavorare unicamente con carboncino, sanguigne e pastelli…Per fortuna riuscì presto a superare quest’impedimento e, al ritorno a Roma, portò sé un enorme rotolo di tele, staccate dai telai prestatigli dal generoso direttore del Musée Gauguin, dove di Gauguin non troneggiava che un paio di utensili da cucina intagliati nel legno… unica vestigia  di mano del grande francese presente nei  museo, a parte le fotografie di tutti i suoi quadri, sparsi nel mondo). 

Infatti tutto ciò che Paul Gauguin non era riuscito ad esportare all’estero era andato perduto: bruciato assieme al suo corpo vittima di una grave malattia infettiva, subito dopo la sua morte, avvenuta nella sua grande casa totalmente da lui affrescata, nella vicina capitale delle Isole Marquises, 

Da i ricordi di Oscar ..in ordine sparso !: Un giorno, in visita ad Andrés Segovia, regalai al Maestro un libro sui vari periodi creativi di Paulo Ghiglia. 

Dopo averlo sfogliato, Segovia, padre del pittore Andrés Segovia Junior, del cui rifiuto di seguire le rapide evoluzioni della pittura dell’epoca moderna Il Maestro era fierissimo,  mi fissò dicendo: “… tuo padre non ha mai abbandonato le proprie idee originarie sull’Arte!”

1976278*,Firenze,18-19dicembre, Borsa Merci,Rassegna Internazionale della medaglia“alluvione e terremoto” Mostra collettiva a beneficio dei terremotati del Friuli, circa 80 scultori hanno aderito. Paulo è presente con le medaglie Francescane.

1976278bis Firenze ,18-19 Borsa Merci ,catalogo della Rassegna

45/1976 Roma-Galleria Chariot (dicembre)mostra personale.

1976279*,Firenze,Libreria Gonnelli, ARTISTI MODERNI, vendita,incisioni disegni e acquerelli del XIX e XX secolo con opere di Paulo.

1977280*,Firenze,Eco d’Arte, gennaio: le mostre in Italia: Roma, galleria Chariot, buono il successo di Paulo Ghiglia che ha esposto nella elegante galleria in vai delle Carrozze.

1977281* Firenze ,dicembre,Galleria Davanzati P.G opere in mostra,collettiva con Annigoni, Purificato, Loffredo.

46/1977,Roma, personale Galleria Chariot, novembre

1978282*Roma, Premio Europeo “ Leader dell’arte,industria e commercio, accademia di Romania, sabato 25 febbraio. Padrino del premio, Paulo Ghiglia.(catalogo)

1978283*Roma, L’Occhio, numero di saggio in attesa di registrazione di una nuova rivista diretta da Michele Calabrese. Una pagina dedicata a Paulo, con un quadro riprodotto per la futura mostra alla Pananti di Firenze.

47/1978,Firenze galleria Pananti ,Marzo, Mostra personale

1978284*,Firenze,La Nazione,marzo,mostre d’arte di Tommaso Paloscia, Paulo Ghiglia:

Paulo Ghiglia,figlio d’arte,ha ereditato dal padre Oscar la vena di pittore postmacchiolo che l’esperienza in lunghi viaggi e nei più disparati incontri ha aperto a linguaggi più complessi. La mostra allestita alla “Pananti” documenta queste aperture e soprattutto la specializzazione, rigorosamente professionale del ritratto (donne stupende di ogni età)che meglio identifica l’artista con la sua capacità di “leggere” un volto e di riproporne l’immagine unitamente ai pensieri e alle attitudini del personaggio. Ghiglia si accende di entusiasmo di fronte al soggetto in posa e scava e riflette e porge con la foga di un dilettante; poi,all’improvviso,si turba al monito sempre presente nella sua stessa pittura,quasi una imposizione a non essere troppo “antico”.E allora impazza con colori violenti di pennellate in disordine. Anzi la preoccupazione di apparire fuori della contemporaneità ( che non dovrebbe esistere in un figurativo par suo) lo espone a passi che non sono in armonia col suo modo-anche prestigioso-di far pittura. Nasce così,probabilmente,il grande pannello che rappresenta la società d’oggi attraverso una composizione di massa composita e variopinta;un opera che vuol riassumere la forza del pittore nella capacità di esprimere la realtà del suo tempo e che, per essere cronaca dell’oggi,affoga quanto di meglio il passato ha offerto -come dotazione personale- al Ghiglia ormai anziano rampollo di quell’Oscar che fu uno tra i più validi postmacchiaioli nati sulla scia del Lega e del Signorini.

La mostra,anche in queste contraddizioni evitabili,si illumina di improvvisi fulgori che determinano lo standard di una pittura valida confortata da capacità tecniche di grande interesse.

1978285*,Firenze,Pègaso,n.2 e 3,aprile-giugno, rivista bimestrale diretta da Mario.A.Mazzoni “Paulo Ghiglia, l’errabondo:La lezione del Masaccio. La crisi dell’ultima pennellata. Menestrello a Montparnasse.“Faccia lei”. I ritorni alla Verna. L’ultimo grande dipinto :il nostro tempo.

1978286*Montepulciano,La Nazione,1.08.”Galleria Librarte Pittura e grafica Fiorentina :Opere di Annigoni,Cagli, Ghiglia, Guidi, Maccari,nei bellissimi palazzi gotici del più antico nucleo cittadino. Nella foto dell’articolo e della locandina della mostra: Nudo di Paulo Ghiglia cm 80×100.

1978287* A. Finocchietti- vita e salute,giugno.servizio a pag 212-213 e copertina di Paulo Ghiglia

48/1978,ROMA; Mostra alla Galleria Chariot.Dicembre

49/1979 Firenze, galleria Pallavicini, maggio giugno mostra personale.

1979288*ROMA. Editore LO FARO, testo di Massimo Grillandi, 6 serigrafie di P.Ghiglia, maggio-settembre

il Testo di Massimo Grillandi:

Nel complesso universo della pittura di Paulo Ghiglia dove la figura Umana e la rappresentazione inanimata sono colte con estrema rapidità di pensiero e con suadente grazie di atmosfere,sta tutta l’angoscia dei nostri anni e sta anche,come in ogni classico,un epitome dei sentimenti dell’uomo.Nella luce interna che promana dalle sue figure, è la sofferenza e l’errore dell’umanità, ma è anche la dolcezza struggente delle sue donne,colta nella lineare traccia di un linguaggio che riesce sempre a comunicare,con una fitta serie di annotazioni poetiche,sottoposte tutte a una verifica costante, a una serie di ripensamenti, che se danno prova della incontentabilità dell’artista forniscono anche un convincente esempio di onestà tecnica e espressiva, di una professionalità che da anni ha attinto i livelli assoluti della poesia. Ghiglia,in tal senso, vede e sente il colore, essenza non solo del quadro e dell’immagine, ma della vita e della realtà,in un libero sentire che è anche continuo mito della scoperta e dell’invenzione, intesa quest’ultima proprio come palpito avventuroso: una tolstoiesca facoltà di vedere cosa esista al di à degli orizzonti sempre limitati, oltre le prospettive sempre consequenziali, se non vincolanti. Avviene così che egli restituisca costantemente il risvolto oscuro o luminoso delle cose e delle anime, in una convincente logica rappresentativa, che supera ogni forma tradizionale e invera, in senso moderno, la perenne necessità del mutamento che esso solo in arte è vita, e che una volta appagato, da vita all’arte,in una composita interazione dagli esiti fascinosi e perenni, perché convincenti e legati alla nostra più interna umanità.

1979289*Roma, Editore Lo Faro a cura di Letizia Carile “Ritratti allo specchio”,PAULO GHIGLIA.Premessa di Letizia Carile:Il mio primo incontro con Paulo Ghiglia risale alla Antologica al Palazzo delle Esposizione a Roma. Fui attratta da un discorrere ad alta voce che esprimeva con esattezza il perché,il come di un’opera. Ricordo che all’inizio, attorno a lui c’era poca gente, poi, a mano a mano, la cerchia si infittiva e diventava sempre più ampia, più pesante; era interessante sentire questo dibattito sull’arte aperto a tutti. Questo primo contatto con Ghiglia e la sua arte fu determinante Nel suo studio di Roma di via della Vittoria si concretò l’idea di realizzare la sua biografia come una fantasia di vita,e potevo raggiungere lo scopo affidando i suoi pensieri al microfono di un registratore,in lui c’era un tutto da scoprire e un tutto da dire,avvertivo l’urgenza di far conoscere dalla sua viva voce il suo mondo ricco di esperienze e di verità improvvise. Registrare direttamente la vita di un artista è emozionante e, soprattutto, è stato significante con Ghiglia che manifesta la sua personalità al di fuori della sua espressione: la pittura. E’ nato un lavoro originale perché non è la solita biografia accademica, fredda, scritta con un rigore cronologico,ma è una lunga intervista diretta dall’autore stesso. Dalle sue parole prende forma la completezza del suo sentimento, la profondità della sua ispirazione,il suo“èlan vital” ;con singolare acutezza,da corpo a quei caratteri che formano la matrice più esatta, la sostanza più intima della sua natura. Da queste pagine viene fuori Paulo Ghiglia,un protagonista del nostro tempo che mette a nudo la sua anima, la sua coscienza parlando di se stesso.Del suo ambiente, della sua pittura,dell’arte, della vita. Egli si è espresso in un modo libero, spontaneo , vero, vivo,con una coerente vivacità affronta le cose, le prende ,le lascia, le riprende; sempre con un ritmo incalzante da forza al suo dire. Ho cercato di far rimanere intatta nello scrivere, la spontaneità, la libertà della parola detta e in rilievo è venuto fuori un profilo umano nella sua interezza.Importante per me, è stato far conoscere la voce dell’artista che , esprimendosi nella sua bella e colorita lingua toscana, avolte urla per farsi sentire. In questo libro Paulo svela il segreto di una vita, partendo dall’esperienza di giorni vissuti intensamente, si arriva alla sostanza dell’opera d’arte,al contrario,di un esatto e perfetto pezzo critico che parte dall’opera per arrivare all’arte.

Ghiglia si svela ,non viene svelato,in questo libro c’è il segreto di una vita, è come una rivelazione e questo elemento quando è completo , è sostanziale per capire un artista nella sua dimensione ed ecco che nasce il ritratto più vero. E’una analisi che tocca il fondo, nasce dalla realtà di una vita ricca,dal vivo della propria esperienza umana e creativa insieme . In Ghiglia non c’è nulla di retorico, astratto,teorico,senza freni,senza ambiguità,senza inibizioni traduce in parole i temi intimi,lirici,poetici,il suo pensiero integrale. La sua anima in modo completo affiora e si compone in vita e si compone in arte. In questa pubblicazione ci sono delle chiarificazioni, dei concetti che ci danno la possibilità di immetterci nella dinamica dello stesso processo creativo dell’artista; da queste righe è evidente che Ghiglia dipinge l’uomo perche è la vita che è in lui che vuole dipingere; ama il colore perché il mondo è tutto colore e la pittura è colore. Nel modo più immediato ed esatto emergono i riflessi della sua poliedricità ricca di impulsi,di vibrazioni, di sentimenti. Ghiglia ha un modo aperto di affrontare la realtà, ha una disponibilità assoluta di fronte all’uomo perché sente la morte, ama la vita e in questo amore c’è la sua coerenza d’uomo e di artista.Queste pagine illustrano senza reticenze, il suo spazio ricco di prorompente pienezza,in cui nascono, prendono forma,vivono tutte le sue immagini e dove da artista vive emozionalmente la completezza del dramma, della felicità,della gioia, del dolore e in questo spazio così ampio si muove da maestro.

1979290** Firenze, Pittori livornesi, 1900-1950: la Scuola labronica del Novecento di Fernando Donzelli

1979291** IL QUADRATO, a cura di Giorgio Falossi, quotazioni e prezzi degli artisti italiani contemporanei

1979292* Firenze,Pegaso,(settembre )i servizi:P.G le fughe e i ritorni di Mario A Mazzoni; P.G Ritrattista Principe ,di Romolo Baccani;P.G Il fascino Romantico, di Walter Catalano.In copertina il ritratto eseguito in quell’anno ,con i tessuti colorati per la posa,della Contessa Marta de Benedetti.

Trascrivo l’ultimo stralcio del servizio di Mazzoni :

“ La luce che entra nelle stanze sull’eremo,abbaglia gli occhi. Dietro questa porta ulula appena il vento. Ma poi è un eremo questo? E’, in definitiva, un pensatoio e dannunzianamente una officina: Qui nascono le opere di Ghiglia,quei grandi quadri che fanno il giro del mondo, delizia dei passionisti, delizia e croce dei collezionisti: Qui vive per molti mesi, poi secondo come buttano i suoi umori e le sue insofferenze si trasferisce altrove. “ prendo certi fugoni”.Fra qualche giorno,Paulo lascerà la Verna per Roma dove l’attende “la personale” come s’è detto. A Roma vi passerà l’inverno: il clima è buono , gli amici di vecchia data fidati e simpatici: “fra gli altri mi struggo di rivedere Pericle Fazzini”;la città è bella e variegata. Tutte cose che gli serviranno da stimolo, da propellente per il suo lavoro a venire. Il ritorno alla Verna avverrà in primavera ,quando le nevi si sciolgono sui lastroni e i boschi cominciano a risuonare di cinguettii e accendersi di gibigianne allegre. A quel tempo,o forse prima o forse dopo, Paulo Ghiglia farà ritorno.

1979293*Firenze,editore Giunti e Martello,di Mario Borgiotti:coerenza e modernità dei pittori labronici.

Il libro,lasciato incompiuto dal padre,viene portato al termine e stampato. E’ dedicato alla sua memoria,a Livorno ed ai suoi artisti dalle figlie Sarah e Sira Borgiotti.Di Paulo,il Borgiotti annota ”ritrattista eccellente guarda sempre tuttavia alla natura come fonte d’ispirazione ,cercando nei dialoghi col vero le sue gioie maggiori”.tre riproduzioni a colori.

(novembre/dicembre,mostra alla galleria Chariot (i dipinti sono già in galleria ma… )

1979294* Torino, 19.11 La Stampa,Morto il Pittore Paulo Ghiglia

ROMA,E’ morto improvvisamente in una clinica romana il maestro Paulo Ghiglia,pittore ritrattista,toscano, settantenne. Era cresciuto nell’ambiente artistico di Oscar,pittore anch’egli,legato ai Macchiaoli. Non aveva mai compiuto studi regolari. Dopo aver soggiornato a Parigi e negli Stati Uniti si stabilì a Roma,dove fece molti ritratti a moltissimi personaggi della politica, della cultura e dello spettacolo.

1979295* Roma,20.11, Il Tempo, E’ Morto a Roma il pittore Paulo Ghiglia, IL ritrattista dei divi. articolo di F.S

1979296*LIVORNO,Il Tirreno,E’ morto a Roma Paulo Ghiglia, era il pittore dei V.I.P di Luciano Bonetti: ..stentiamo a credere,perdonateci il luogo comune,che se ne sia andato, tanta era la sua vitalità.la sua gioia di vivere, la sua “carica”.

1979297* L’unità,20.11.1979,la morte di Paulo Ghiglia.

1979299*Firenze,LaNazione,20.11.“Un ritrattista inquieto”, morto a Roma il pittore Paulo Ghigliadi Tommaso Paloscia:Aveva trascorso la fanciullezza e l’adolescenza fra tavolozze e pennelli epertanto divenuto pittore sulla scia del padre Oscar -notissimo postmacchiaolo- era considerato ,a ragione, figlio d’arte. Una strada irreversibile dunque quella di Paulo Ghiglia che egli stesso chiamava destino. Col padre all’apice della notorietà in una casa frequentata dai più celebrati personaggi dell’epoca, toscani e non, che fra Settignano e Fiesole, amavano far salotto nei lunghi conversari con Oscar, erede a tutti gli effetti della pittura del Signorini e del Lega, il giovane Paulo aveva già indicata da altri la prima tappa di una vita errabonda: Livorno,una città che più di ogni altra sentiva nel sangue l’umore di quella pittura macchiaola alla quale è rimasta fedelissima persino quando il tempo aveva cominciato a giudicarne severamente i continuatori,vale a dire gli epigoni. Paulo conobbe a Livorno per esperienza diretta i luoghi che ai protagonisti di Castiglioncello e del gabbro avevano suggerito lo studio della luce, la sintesi cromatica espressa persino sulle tavolette recuperate dalle scatole dei sigari. Di quella luce conobbe il segreto e se ne fece prezioso bagaglio anche nella peregrinazione ,stentata e tuttavia salutare,sulle rive della Senna dove gli impressionisti avevano potuto saziare la sua sete di conoscenza. Tornò in Toscana , alla Verna, e vi amò il senso della quiete che provò a riportare nelle tele nelle quali, in vero,si accendevano esplosioni di colore che quella realtà travisavano per una carica che era nell’anima esuberante del pittore. Ritrasse i volti dei contadini che strappavano alla roccia il sostentamento quotidiano; e da quei volti cominciarono, con le reminescenze della adolescenza, a riaffiorare atteggiamenti e moti improvvisi che aveva attentamente osservati nelle riunioni culturali e salottiere nella casa paterna. E il ritratto diventò la sua manifestazione pittorica più congeniale. Per due anni, in America, ebbe modo di manifestare questa particolarissima attitudine ritraendo personaggi del mondo Hollywoodiano e della politica d’oltre oceano. Da quel tempo ,pur alternando ampie visioni paesistiche( sempre popolate di figure)la sua notorietà ha avuto un riferimento preciso: il ritratto. La morte del fratello Valentino, pittore egregio sulle spinte tematiche paterne, stimolò oiù concretamente Paulo a seguire il filone nel quale andava viepiù emergendo perché vi accentrava l’enorme capacità tecnica e un certo ideale in cui amava risolvere le sue ricerche estetiche e nel quale riferisce il ritmo appreso da un altro fratello musicista.

Nel 1971 Francesco Pestellini lo esaltò in un volume biografico richiamando alla memoria le origini fiorentine e le esperienze internazionali.Una mostra alla saletta Gonnelli, a Firenze, vi faceva da raffronto presentando il punto d’arrivo di quelle esperienze. Recentemente, si era ripresentato nella Firenze che visitava sempre meno,impigrito dal soggiorno romano, e nella galleria Pananti azzardò in alcuni tentativi espressi su tele di grandi dimensioni una ricerca sociale che non trovava posto adeguato nella sua forma mentale, E ancora i ritratti vi colsero quel successo di cui era ancora inspiegabilmente assetato. Proprio nei giorni scorsi l’editore Lo Faro ha pubblicato un volume redatto da Letizia Carile, che aveva compiutamente adattato in duecentocinquanta pagine una intervista registrata col pittore fiorentino: un testamento spirituale che Ghiglia conclude con queste parole: ”in molti personaggi che ho dipinto o solo conosciuto ho trovato una parte del territorio che significa il mio tempo” E vi traspare quell’amarezza avvertita nella infrenabile fuga del “suo tempo tempo” , nella parte “ altra” del territorio che gli sfuggiva. Ieri mi è arrivato a mezzo posta il suo libro-memoriale. La dedica ( “ci vuole un bel coraggio a farsi conoscere in questo modo !)non è un ripudio dell’ultima fatica ma soltanto un’altra,l’ultima, manifestazione di esigenze insoddisfatte e dell’amarezza che lo ha sempre tormentato.

La morte di Paulo Ghiglia è stata riportata da molti giornali stranieri:

298*,Detroit,Michigan,20 novembre,Detroit Free press ,articolo della morte di Paulo Ghiglia. Pag 23.

Daily News,New York, New York ,Tuesday, November 20, 1979 – Page 45

The Courier-News,Bridgewater, New Jersey Tuesday, November 20,1979-Page 16

The Akron Beacon Journal,Akron,Ohio,Tuesday,November 20, 1979 – Page 11

Detroit Free Press,Detroit, Michigan,Tuesday, November 20,1979 – Page 12

Statesman Journal,Salem, Oregon,Tuesday, November 20, 1979 – Page 13

TallahasseeDemocrat,Tallahassee,Florida,Wednesday, November 21, 1979 – Page 9

The Philadelphia Inquirer,Philadelphia,Pennsylvania Thursday, November 22,1979 – Page 103

Arizona Republic,Phoenix, Arizona Tuesday, November 20, 1979 – Page 23-62

The Capital Journal,Salem, Oregon,Monday, November 19, 1979 – Page 2

Longview Daily News,Longview, Washington,Thursday, November 22, 1979 – Page 50

The World,Coos Bay, Oregon,Tuesday, November 20, 1979 – Page 13

The Bismarck Tribune,Bismarck, North Dakota,Monday, November 19, 1979 – Page 40

The Des Moines Register,Des Moines, Iowa,Tuesday, November 20, 1979 – Page 3

Spokane Chronicle,Spokane,Washington,Monday,November 19, 1979 – Page 3

Lancaster New Era,Lancaster,Pennsylvania,Monday, November 19,1979 – Page 1

The Star Press,Muncie, Indiana,,Tuesday, November 20, 1979 – Page 10

The La Crosse Tribune,La Crosse, Wisconsin,Tuesday, November 20, 1979 – Page 7

News-Press,Fort Myers,Florida,Wednesday, November 28, 1979 – Page 29

The Minneapolis Star,Minneapolis, Minnesota,Tuesday, November 20, 1979 – Page 11

The Los Angeles Times,Los Angeles,California,Monday, November 26, 1979 – Page 21

Lincoln Journal Star,Lincoln,Nebraska,Monday, November 19, 1979 – Page 7

The Cincinnati Enquirer,Cincinnati,Ohio,Wednesday, November 21, 1979 – Page 44

Times Colonist,Victoria,British Columbia,Canada,Friday, November 23, 1979 – Page 16

The Capital Journal,Salem, Oregon,Monday, November 19, 1979 – Page 15

Tampa Bay Times,St.Petersburg,Florida,Thursday, November 22, 1979 – Page 44

The San Francisco Examiner,San Francisco,CaliforniaMonday November 19, 1979 – Page 44

Arte moderna italiana300*: dal liberty al comportamentismo

Fratelli Conte,1979,di Gianni Vianello:

Paulo Ghiglia,Firenze 1905–Roma 1979Figlio del pittore Oscar Ghiglia,dimostra precocemente una spiccata attitudine al disegno. Ha una formazione tipicamente toscana che si esprime prevalentemente nel paesaggio e nel ritratto. Nei tardi anni ‘20 è a Roma, dove realizza incisioni per le poesie dialettali di Trilussa.Esordisce alla Quadriennale romana del 1931,quando la madre invia alla commissione d’ammissione un’opera a sua insaputa.Si afferma come ritrattista di personaggi pubblici della politica e dello spettacolo, come il Presidente della Repubblica Gronchi, Aldo Fabrizi e Isa Miranda, sua musa. Parallelamente porta avanti una produzione paesaggistica lirica e trasognata. Nel 1957 espone a Londra ottenendo un grande successo. Negli anni ‘70 realizza tele corali in cui emergono i grandi eventi sociali di quegli anni, in cui offre uno spaccato critico e consapevole delle possibilità aperte dalle contestazioni ma anche dei limiti di scelte che cercano soluzioni solo nella violenza. La sua fama di ritrattista lo porta a lavorare e ad esporre in tutto il mondo, dalla Russia, agli Stati Uniti,all’India. Egli cerca nel volto l’espressione dell’essenza dell’individuo ritratto.Negli anni ‘70 soggiorna per un breve periodo a Thaiti,dove rimane profondamente colpito dal paesaggio e dalla luce, realizza una serie di pastelli ispirati a questa esperienza. La sua ricerca artistica si pone in una posizione autonoma rispetto alle correnti ed ai gruppi artistici. Muore il 19.11.1979.